L’Inter va Istanbul con due armi, poche ma importanti

di Mario Spolverini, pubblicato il: 04/06/2023

“Siamo in una posizione in cui probabilmente non ci troveremo mai più. Non sarà tutto completo se non vinciamo la Champions ora. Dobbiamo vincerla per essere riconosciuti come la squadra merita di essere riconosciuta”. Parole e musica di Pep Guardiola dopo la finale di FA Cup vinta contro lo United.

Un bravo a Pep è d’obbligo, difficile riassumere meglio il concetto. Probabilmente sono le  parole che più o meno avrà detto ai suoi del Barcellona 13 anni fa. Cambia poco se allora era semifinale e oggi c’è la Coppa che aspetta. Stessa situazione, da un lato i predestinati, dall’altro quelli che nessuno ha visto arrivare eppure ci sono. Da un lato quelli che devono vincere per onorare una proprietà che ha messo montagne di soldi sul tavolo del mercato. Dall’altro una proprietà che sul banco ci ha messo pane, cicoria e  le proprie difficoltà economiche. Eppure sta li a giocarsela.

Le leggerezza di chi ha solo un sogno

Per il City la coppa se non è un’ossessione poco ci manca, tornare dalla Turchia a mani vuote sarebbe un fallimento destinato a cancellare i due titoli stagionali vinti in  stagione. Per i nerazzurri l’attesa del piacere è essa stessa il piacere diceva una famosa pubblicità, le ore più belle sono queste, quelle che nessuno al momento del sorteggio di Nyon della scorsa estate pensava di poter vivere di nuovo. E all’Ataturk comunque vada sarà un successo. La  sconfitta prevedibile non cancellerà un cammino europeo esaltante che è valso a Inzaghi la conferma, il successo insperato sarebbe un evento memorabile, da scrivere nei libri della storia del calcio prima che nel palmares nerazzurro.

Ergo, la responsabilità della vittoria ad ogni costo sta tutta le spalle del City, l’Inter potrà giocarsela con quella leggerezza che rappresenta una delle poche frecce al proprio arco, insieme alla sua gente.

Il popolo nerazzurro e quel coro…

Si, quel popolo atavicamente portatore di un atteggiamento  ipercritico, innamorato ma col bofonchio sempre pronto. Un rapporto mutato dal basso negli ultimi 12 mesi, senza stimoli esterni, la crisalide che si fa farfalla  in virtù delle difficoltà che hanno massimizzato la passione.

Un cammino segnato da 4 pietre miliari. La rottura nell’ultima di campionato dello corso anno, l’Inter perse lo scudetto ma la festa triste  al termine di Inter Sampdoria odorava già di una nuova consapevolezza: quando tutto sembra crollare o si resta uniti o si va alla deriva.

Il secondo step era più che altro una sensazione fino a qualche settimana fa. Negli ultimi venti minuti della trasferta a Porto mentre la squadra resisteva agli assalti dei ragazzi di Conceicao dagli spalti del Dragao si alzò quel canto nuovo. “Per quella gente che ama soltanto te per tutti quei chilometri che ho fatto per te Internazionale devi vincere”. Lì per lì sembrò uno dei tanti cori ma non è stato così. E’ diventato il must canoro di San Siro, l’inno vero all’identità nerazzurra da esaltare. Lo canta tutto San Siro  perché  non è  autoreferenziale, è coinvolgente proprio perché tutti i tifosi di qualsiasi anello e settore vi si possono riconoscere, non solo alcuni.

Momenti importanti prima di Istanbul

Il terzo momento della trasformazione è stata la partita con Lazio. Lo svantaggio per il gol di Pedro era vissuto sugli spalti come un’ingiustizia feroce, a un quarto d’ora dalla fine l’Inter era praticamente fuori dalla Champions del prossimo anno. La spinta di San Siro fece il resto, “appena lo stadio ci ha urlato addosso, ci siamo arresi” disse Maurizio Sarri nel post partita.

E infine il derby di Champions, entrambi a dire la verità, ma il clima di quello di ritorno chi non lo ha respirato si è perso davvero qualcosa di magico. Un’onta pesante 20 anni lavata in una serata memorabile davanti ad un pubblico non più di 5 mila figli casinisti e 70 mila genitori  compassati, 75 mila a saltare perché non si è milanisti e perché quei chilometri fatti imponevano la soddisfazione più bella.

Adesso resta Istanbul. I chilometri da fare per coronare un altro sogno sono quasi 2000. Sono tanti, ma mai troppi per una squadra che ha ritrovato la sua identità e la consapevolezza di poter stupire tutti. Men che meno per il suo popolo pronto a sbarcare sul Bosforo per coronare un altro sogno.


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