Inter, le scuse stanno a zero, il difetto è strutturale, in campo e in panchina

di Mario Spolverini, pubblicato il: 07/11/2022

Credo non ci sia un tifoso interista che nell’intervallo di Juventus Inter non abbia pensato  al peggio.

Logico, perché se vai a Torino contro una Juventus incerottata,  giochi un primo tempo più che dignitoso, crei tre palle gol nitide e le butti al vento o hai una dimensione tecnica e di personalità tale da imporre ancora di più la tua superiorità nella ripresa oppure rischi di brutto.

Il gol di Rabiot, arrivato ad inizio ripresa (dunque con tutto il tempo per rimediare),  ha dimostrato che il re era nudo, in quel momento l’Inter è  evaporata come tutte le altre volte in cui era andata in svantaggio.

Da in li in poi possiamo attaccarci a tutte le giustificazioni di questo mondo, la brutta prestazione di qualche singolo, i cambi in ritardo, la cronica assenza di gente che sappia saltare l’uomo in velocità e via dicendo. Tutto giusto ma l’assenza più pesante continua ad essere una sola e non è Lukaku, si chiama leadership.

L’assenza più importante: la leadership

Un refrain che continua da inizio stagione, nei momenti di difficoltà che ci sono in ogni partita (tanto più se giochi con la Juventus) mancano quei 2/3 elementi che si fanno carico di prendere la squadra sulle spalle, mantenere la calma e gestire il tempo che rimane in maniera lucida per organizzare la rimonta.

Barella, Skriniar, Calhanoglu, gli vogliamo un sacco di bene, ci hanno regalato momenti entusiasmanti anche negli ultimi tempi ma anche nel loro bagaglio il carisma sta a zero.

Se non c’è in campo servirebbe almeno in panca…peggio che andare di notte.

Una difesa con tre centrali per guardarsi dal solo Milik e da tale Miretti dietro di lui, ottimo prospetto ma niente di più, parla di mancanza della giusta mentalità. Ennesima dimostrazione che Inzaghi legge al suo libro senza scegliere opzioni diverse quando le circostanze lo richiedono.

Comunicazione da rivedere

Ma non è solo in campo che Inzaghi dimostra il suo deficit di personalità. Andare ai microfoni per addebitare  la sconfitta a chi non fa fallo sulle ripartenze avversarie è sintomatico dell’atteggiamento che il mister aveva già dimostrato in altre circostanze, evidenziare le responsabilità degli altri invece delle sue. Se alleni in quarta serie può anche starci, all’Inter no. Se sia solo farina del suo sacco o se sia  mal consigliato da qualcuno è impossibile sapere ma di certo il ripetersi di queste parole è inutile, probabilmente crea scompiglio dentro lo spogliatoio, di certo è fastidioso alle orecchie dei tifosi.

Purtroppo la leadership non si compra al supermercato, è merce che costa, in campo ed in panchina e le condizioni economiche dell’Inter di questi anni non permettono salti di qualità in questo senso.

La dimensione attuale dell’Inter è questa, inutile girarci intorno. Lo scudetto era andato anche prima di Torino, la lotta per i posti Champions per l’anno prossimo sarà feroce, la quarta piazza è a tre punti, le contendenti sono parecchie. L’obbiettivo è quello e solo quello, se non  arrivasse il fallimento sarebbe completo e senza appello.


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