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Inter, Thuram si confessa: dagli inizi all’idolo di sempre. E un aneddoto sul mancato passaggio in nerazzurro nel 2021

Inter, parla Thuram. Grande protagonista della vittoria di ieri sera contro il Salisburgo, l’attaccante nerazzurro Marcus Thuram, ha parlato ai microfoni di Dazn per la trasmissione New Brothers. Il francese ha parlato di tantissimi temi, dalla delusione più grande fino ai ricordi da bambino. Ecco le parole di Thuram.

Su quando ha iniziato a giocare a calcio: “Due-tre anni, appena ho iniziato a camminare”.

Sulla passione per il calcio trasmessa dal padre: “Sì, giocavo a casa, poi in un club ho iniziato a 8-9 anni. Ho iniziato tardi, prima ho fatto nuoto e basket ma non facevano per me, volevo il calcio”.

Sui problemi di portare un cognome ingombrante: “Mai, per me è una cosa normale. Sono nato e cresciuto così e non è mai stato un problema”.

Su cosa avrebbe fatto se non avesse fatto il calciatore: “L’attore, l’ho fatto un po’ a scuola e devo dire che mi piaceva “.

Sugli altri sport seguiti: “L’NBA quando posso visto che si gioca molto tardi la sera”.

Sul primo ruolo in cui ha giocato: “Da esterno, poi gli allenatori e mio padre mi hanno detto che era meglio giocare da punta e devo dire che ha funzionato. Ho cominciato al Sochaux che è la squadra che mi ha formato come calciatore”.

Su quando ha indossato le scarpe del padre Lilian: “Avevo dimenticato le mie quindi ho preso le sue anche se non erano proprio dello stesso numero. Infatti non è andata molto bene”.

Sull’incontro con l’idolo Ronaldo: “Sì, in alcuni eventi con mio padre. Quando ero piccolo avevo una copertina che portavo dappertutto, mia madre non voleva che la portassi a scuola. Mi disse che dovevamo darla a Ronaldo e io allora l’ho lasciata”.

Sul momento più duro: “Quando mi sono infortunato, dovevo venire all’Inter nel 2021. È stata dura, ma per fortuna mio padre e mio fratello erano qua per aiutarmi. Ho cercato la forza dentro me stesso e nell’amore per il calcio, bisogna diventare sempre più forti per la squadra”.

Sulla persona che gli ha dato l’insegnamento più grande: “Mio padre, di non mollare mai”.

Sulle sue esultanze: “Ce ne sono due. La prima è rimasta perché l’avevo fatta contro il Real Madrid, il secondo era una cosa che ho inventato con mio fratello. Lui è la mia vita, lo adoro e lo amo”.

Su pregi e difetti: “Sono sempre in ritardo. Un pregio è che rido molto”.

Sulle proprie caratteristiche: “Sono veloce, fisico, e potente. Ho dimenticato anche tecnico…”.

Sulla vita da spogliatoio: “Se ci si trova bene in spogliatoio si può fare ancora meglio in campo. Mi piace ridere con i miei amici, anche di altri giocatori a volte”.

Su cosa conta di più per spiccare: “La determinazione, senza di quella il talento non conta niente”.