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Lukaku e gli ululati, le istituzioni ferme e i media compiacenti: il paese del “tenimm’ famiglia”

Romelu Lukaku

La partita di ieri sera, valida per la semifinale d’andata di Coppa Italia, andata in scena allo Stadium tra Inter e Juventus, come spesso accade, è stata caratterizzata più per il dibattito per ciò che è accaduto fuori dalla partita, che per quanto successo nella fase di gioco. Dopo il calcio di rigore del pareggio nerazzurro, trasformato da Romelu Lukaku, lo stesso attaccante interista si è lasciato andare ad un’esultanza polemica, zittendo il tifo juventino, reo di aver effettuato ululati razzisti. L’episodio razzista, poi, è stato subito confermato dalla presenza di alcuni video di qualche tifoso presente nella curva juventina. L’accaduto, nella normalità dei casi, sarebbe dovuto essere condannato. E invece no. Rissa finale e cartellino rosso per il giocatore che ha subito questi ululati razzisti. Scene che hanno messo i brividi in tutta Europa. Sì, meno che nel nostro paese.

Nei vari salotti televisivi, per non parlare di tante testate giornalistiche, nessuno ha osato parlare di razzismo. Si è parlato di ‘nervosismo all’interno dello spogliatoio Inter’. Si è parlato (incredibilmente, anche con l’evidenza delle prove) di un Lukaku che ‘si fa cacciare da sciocco’. Si è ricondotta questa reazione al momento negativo della squadra nerazzurra. Tutto, meno che il razzismo. Anche due giocatori della squadra bianconera, come Danilo e Perin, hanno parlato di una reazione scomposta di Lukaku, di una provocazione da parte del giocatore belga. Eppure, i tifosi che hanno fatto quei versi razzisti, erano proprio nella curva dietro le loro spalle. Come ha fatto Lukaku a sentire e non loro (che, tra l’altro, erano anche molto più vicini quanto a distanza)? Mistero della fede. Frasi gravissime che sono passate, tra le altre cose, sottobanco (e meno male che l’Allianz Stadium è quel gran gioiellino in cui si può sentire anche il respiro del tifoso che riesce a caricarti. Insomma, si sente a convenienza).

Viene da dire “la solita bella figura”. La mentalità del “tenimm’ famiglia”, della goliardata, dell’ingenuità di Lukaku che casca nella trappola. Perché, in fondo, va bene così. Dalle istituzioni fino ad arrivare agli addetti ai lavori, va bene così. La questione dei diritti sociali riesce a diventare sempre un tabù, se abbinata ad ambiti che non siano quelli della politica fatta nei palazzi. Se si arriva a parlare di razzismo sui campi da gioco, arriva sempre e puntuale il leit motiv del “fuori la politica dal calcio/sport”, “Politica e calcio devono rimanere separati”, “il calcio non c’entra nulla con la politica”. E’ ora di dire che questa è una grandissima cazzata (le cose vanno chiamate con il proprio nome).

Il calcio e lo sport non devono essere partitici, ma devono essere politici. Per pensarla come gli slogan di cui sopra, siamo arrivati agli ululati per Lukaku, Maignan e Koulibaly, ad urlare ‘zingaro’ a Stankovic, Ibrahimovic, Vlahovic e Kostic, a fare cori razzisti per Kean, a fare cori antisemiti e chi più ne ha, più ne metta (meglio fare esempi di calciatori di più squadre, perché altrimenti l’imbecille benaltrista di turno arriva a chiedere “si, ma allora l’episodio accaduto a Tizio? E quello accaduto a Caio?”). La parola ‘politica’ non è una parolaccia. Si tratta semplicemente di una scienza e di una tecnica che serve per organizzare e amministrare uno Stato. E il calcio, e lo sport in genere, fanno parte dello Stato e vanno regolati e amministrati. Specie in frangenti come questi. Ma così pare che non debba essere e l’unico stato che viene avanzato da certi salotti tv, da certi giornalisti e da certi giornali è quello brado, quello del lasciar stare le cose come stanno. Sì, magari ci potrà essere un filo di indignazione. Ma il giorno dopo passa tutto, come un lieve mal di testa.

Ripeto, il discorso non riguarda solo i mass media. Anche le istituzioni calcistiche/sportive e non. Quando si parla di diritti sociali, che non riguardano solo il razzismo, è sempre meglio dare segnali meramente simbolici. Come far disporre i giocatori in riga a inizio partita con lo striscione ‘No al razzismo’, o pittarsi la guancia con un colore rosso a supporto delle donne vittime di violenza. Poi, però, gli ululati razzisti esistono. Così come esistono pure le molestie nel mondo dello sport (non ultimo, per quanto riguarda il calcio, lo scandalo che ha colpito il movimento femminile statunitense nel 2022). I simboli vanno bene, in linea teorica. Poi, però, serve la pratica. E in linea pratica i simboli valgono meno di nulla. Ma di intervenire strutturalmente non se ne parla.

Ma attenzione, non è finita qui. Perché, come diceva George Carlin, i politici e (aggiungo io) gli addetti ai lavori, sono la massima espressione della società. Se loro sono così, l’uomo comune è peggio. E chi scrive la pensa davvero così. Perché, poi, l’ululato non è mica provenuto da un’istituzione politica o da un giornalista. Certi professionisti e certe istituzioni hanno lasciato passare la cosa, condannando la vittima. Ma è stata la ‘gente comune’ o, come nel caso di ieri sera e di altre occasioni, il tifoso a comportarsi in maniera orribile. Magari i razzisti, in questo paese, saranno anche pochi, questo non so dirlo e non ho i rudimenti per poterlo affermare. Ma, di certo, è un peccato che, solo per fare un esempio, altri settori degli stadi rispetto a quelli in cui si verificano certi episodi, come accaduto ieri all’Allianz, non facciano mai un cenno di protesta o si schierino apertamente contro quel determinato settore. Insomma, siamo un paese allo sbando, non c’è che dire. Riusciamo a rendere normale, ciò che normale non è. Abbiamo la capacità orribile di ‘lasciar passare la marea’, di crogiolarci nel nostro ‘mal comune, mezzo gaudio’ e pensare sempre che ‘la situazione è seria, ma non grave’. Abbiamo perso e, per come siamo messi, perderemo ancora tantissime volte. Ma questo non lo dirà mai nessuno. Perchè tenimm’ famiglia.

 

P.S. Per gli utenti che ieri hanno letto le mie pagelle, specie quella di Lukaku: ho cambiato la pagella del belga. Dalla tv non mi ero reso conto che la reazione fosse dovuto ad un episodio razzista e lo avevo definito come ‘ingenuo’. Appreso l’accaduto, ho cambiato per correttezza giornalistica voto e commento. Ma le scuse sono doverose a voi che avete letto, (per onestà) a chi non lo ha fatto e al giocatore.