L’Inter e la spina dorsale che manca: così non si vincono trofei

di Gianfranco Rotondo, pubblicato il: 22/10/2020

In questi turni di campionato l’Inter di Antonio Conte ha mostrato una capacità – in senso del tutto negativo – nel fare e disfare tutto da sola. Vero, tanti gol fatti, ma tantissime occasioni sbagliate anche ieri contro il Borussia Monchengladbach. Nel calcio c’è un detto che va per la maggiore per ottenere la vittoria finale nelle varie competizioni: una squadra per poter vincere ha bisogno di una spina dorsale.

Quando si parla di spina dorsale, si deve intere quel nucleo di giocatori in campo che possano trascinare il resto della squadra e che, generalmente, è composta dal portiere, da un difensore, da un centrocampista e da un attaccante. Se pensiamo alla rosa dell’Inter tutto ciò trova, in molti casi, delle discrasie.

In porta, Handanovic, sembra un lontano parente rispetto a quello visto due o tre stagioni fa. Spesso troppo incollato alla porta, poco reattivo alle conclusioni altrui e poco avvezzo alla uscite fuori dalla propria area di rigore, cosa fondamentale per una squadra che, in difesa, gioca con tanto campo alle spalle. Oltretutto, da un capitano, ci si aspetta un grado di leadership ben diversa. Ma anche i difensori, quest’anno, sembrano perduti in sé stessi: per uno Skriniar che, dopo la passata stagione, deve recuperare terreno nelle gerarchie, un de Vrij che quest’anno è stato inglobato nell’involuzione difensiva – per esempio, ieri, suo l’errore in uscita che, poi, ha propiziato il fallo da rigore di Vidal – ed un Kolarov che sembra un lontanissimo parente di quello visto con la maglia della Roma. Non si può chiedere di certo a D’Ambrosio, Ranocchia e Bastoni – forte, ma ancora molto giovane per prendere in mano un reparto – di poter avere un ruolo determinante.

In mezzo, un ruolo importante deve essere ricoperto da Vidal, voluto a più riprese da Antonio Conte. Parliamoci chiaro, anche ieri, la prestazione è stata buonissima, ma quei due errori sui due gol l’hanno macchiata irreversibilmente. Barella potrebbe rivestirlo in futuro, mentre per quanto riguarda i vari Nainggolan, Vecino, Sensi, Eriksen e Gagliardini, non sembrano poter rivestire un ruolo tale.

L’attacco ha un nome ed un cognome: Romelu Lukaku. Trascinatore a suon di gol e leader anche emozionale della squadra. Se ruota lui, ruota anche il resto della squadra e, soprattutto, i compagni di reparto. Come quel Lautaro Martinez che cresce di partita in partita e che bisogna assolutamente blindare. Sulle altre due punte, beh, Antonio Conte ha due opinioni opposte: Pinamonti non ha mai messo piede in campo – e questo la dice lunga -, Sanchez sta pian piano togliendo spazio ai gol, per avere un ruolo più da rifinitore – ma un attaccante deve segnare! -.

Insomma, dilemmi e incertezze che possono compromettere un percorso vincente. Quest’anno non ci sono scuse. Non basta più avere “degli step di crescita”.


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