Conte, l’interismo e i risultati: le nuove frontiere del tifo nerazzurro

di Gianfranco Rotondo, pubblicato il: 28/10/2020

L’estate del 2019 è stata fortemente caratterizzata dall’annuncio, da parte dell’Inter, di Antonio Conte come nuovo allenatore. Notizia bomba, come si dice in questi casi, sotto tanti punti di vista. Perché Conte è stato – e lo testimonia anche la stella a lui dedicata all’Allianz Stadium – una bandiera da calciatore per la Juventus – nonché il capitano – e il tecnico, successivamente, del nuovo rilancio bianconero. Tutti noi tifosi interisti sappiamo cosa rappresenti la società di Torino e proprio per questo molti hanno storto il naso per questa novità, tanto da additare il tecnico leccese addirittura come sabotatore. Altra parte del tifo ha accolto, diversamente, questa notizia come una manna dal cielo, visti i risultati raggiunti in carriera, ed hanno riposto in lui la speranza per un nuovo ritorno al successo per i nostri colori, al di là del suo passato. Altri ancora si sono posizionati in una zona di confort, pronti ad attaccare subito il tecnico non solo alla prima sconfitta, ma addirittura al primo pareggio, mettendo in discussione i 12 milioni di euro di stipendio – come se fosse una colpa prenderli e come se, eventualmente, la colpa, se così la possiamo definire, non fosse di chi glieli da quei soldi -.

Detto ciò, dove sta la verità? Verrebbe da dire nel mezzo, ma non è così. La verità sta nel non essere aprioristici. Sì, perché da un lato c’è chi vorrebbe cacciare via Antonio Conte – a priori –  per il fatto di essere “gobbo”, perché non può allenare la nostra Inter. Premetto che la nostra storia è infinitamente più importante del singolo e non sarà il singolo o il suo passato a renderla diversa. Ma bisogna dire che la storia dell’Inter ha avuto un corso nuovo dal dopo Moratti. E lo ha avuto perché, con l’avvento di Zhang, anche la storia dell’Inter ha preso una piega aderente al calcio moderno. Lo stesso presidente nerazzurro tiene stretti contatti con il presidente della Juventus, Agnelli, ma di questo non si fa mai menzione in questo (stupido) gioco ad attaccare. Magari ci si scorda anche di un Moratti (e anche qui, chi parla male dell’ex presidente dopo quanto fatto dovrebbe farsi un bell’esame di coscienza) che chiamò Lippi – lui sì ingiustificabile per non aver vinto con una delle più forti Inter mai avute -. Come se, poi, Antonio Conte non fosse lo stesso allenatore che detiene il record di punti in campionato dell’Inter nella sua intera storia, insieme a – udite udite – sua maestà Josè Mourinho. Alla faccia del sabotatore.

Dall’altro lato ci sono quelli presi dalla smania di vittoria – comprensibile dopo tanti, troppi anni senza un trofeo – che accettano qualunque scelta, anche errata, da parte del tecnico. Conte non si adegua ai calciatori? La società non gli ha dato i calciatori richiesti. Conte fa dichiarazioni sbagliate, attaccando la dirigenza? Giustissimo, perché ci sono Ausilio, Crippa e compagnia cantante che hanno parlato con i giornalisti e ordito le peggiori trame contro la nostra Inter – al netto dei gusti tecnici che si possono avere su un direttore sportivo o su un Responsabile dell’Ufficio Stampa -.

Il tifo interista è complesso, passionale, ‘pazzo’ (per usare una parola di un nostro inno). Ma talvolta anche controproducente. Il tifoso deve criticare, ma attenzione ad essere aprioristici.  Perché il rischio è quello di creare malcontento in un ambiente che si appresta ad affrontare una stagione decisiva per alzare un trofeo. E non possiamo ad essere noi a creare pressioni al tecnico per il suo passato, nè accettare tutto come se fosse il salvatore della patria. Perché se fallisce Conte, fallisce l’Inter e se Conte fa male, lo fa anche l’Inter. Che, come sempre, è la cosa più importante di tutte.


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