Simone Inzaghi out? Mandarlo via sarebbe un vero suicidio

di Giovanni Gallo, pubblicato il: 13/01/2023

Simone Inzaghi. I palati fini hanno iniziato a disgustarsi di fronte al boccone amaro Monza. Non hanno digerito il pareggio in extremis dei brianzoli, tra l’altro viziato da un marchiano errore arbitrale. Da lì, è partita la solida ridda di voci che vogliono Inzaghi out. In primis i giornali, poi i tifosi che ne hanno sposato la linea. Il tormentone del tifoso deluso ritorna puntuale ogni volta che le cose non vanno secondo i propri desideri.

Vero, il pareggio di Monza è stato misero, ma questa Inter, pochi giorni prima, aveva fatto conoscere la prima sconfitta in campionato a uno stratosferico Napoli. E battuto, prima della sosta mondiale, L’Atalanta a Bergamo. A ciò si aggiunga il passaggio del turno in Coppa Italia, non molto agevole, a dire il vero, ma può capitare di abbassare la tensione con squadre di rango inferiore. L’importante è aver centrato l’obiettivo.

Molte testate sportive hanno riportato con insistenza la notizia di Diego Pablo Simeone prossimo condottiero nerazzurro. Vero che l’argentino, mandato via da Lippi all’inizio del suo corso interista perché non uomo di fiducia, ha sempre dichiarato che un giorno allenerà l’Inter. Difficile che quel giorno, anche dopo 12 anni all’Atletico, sia oggi. Già, perché i soldi che guadagna Simeone con i Colchoneros in Italia non può pagarli nessuno, figuriamoci in viale della Liberazione.

È evidente che c’è una sorta di irrequietezza in ogni tifoso nerazzurro, ma la soluzione non è mai quella di cambiare un allenatore che sta facendo bene. A fine anno si trarranno le somme, ma sostituire un allenatore per dei pruriti puerili non è il massimo della maturità. A maggior ragione se hai un ottavo di Champions alle porte da giocare.

No, il problema non è Simone Inzaghi, semmai il momento storico di perenne transizione e di difficoltà economiche che investe anche il mercato. Ciò che arriva dal campo è il rifesso societario. Per carità, non stiamo dando la colpa a nessuno, ma i risultati sono figli, ancora prima che delle scelte dell’allenatore, di quanto avviene ai vertici della piramide. Qualche incidente di percorso è l’evidente a cartina di tornasole delle manovre di palazzo.

Piuttosto, se proprio vogliamo dare un consiglio a Inzaghi, diciamogli di curare maggiormente la fase difensiva, visto che in questo campionato i gol presi si contano a grappoli. Ma questo il mister lo sa e siamo sicuri che ci sta lavorando. Però evitiamo di farci prendere da pruriti e isterismi: il cambio della guida tecnica non sempre assicura i risultati sperati.

Bisognare farsene una ragione, bisogna metterci pazienza, la stessa che l’Arsenal ha, per esempio, avuto con Arsene Wenger, tecnico scopritore di talenti, ma dalla bacheca non proprio eccezionale nei suoi 22 anni trascorsi sulla panchina dei Gunners. Lo stesso Atletico, come detto, ha tenuto Simeone 12 anni (ed è ancora in sella), nella buona e nella cattiva sorte, nelle vittorie e nelle sconfitte. Ci vuole equilibrio, ma senza fare gli equilibristi. Ci vuole coraggio, ma senza incoscienza.


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