Inter, l’errore di Inzaghi non è nei cambi

di Mario Spolverini, pubblicato il: 22/09/2023

Ho voluto rivedere la partita di San Sebastian prima di scrivere, troppa la differenza con il rullo compressore visto a San Siro sabato scorso contro il Milan.

Alla vigilia del derby regnava l’incertezza, le due squadre sprizzavano salute da tutti i pori. Poi in campo la leggibilità dell’azione dei rossoneri è stata disarmante, quasi scontata.

Atteggiamento sbagliato: perchè?

Ma era facilmente prevedibile anche l’atteggiamento che la Real Sociedad avrebbe messo sul terreno di gioco.  Storicamente le squadre basche hanno buon talento nei piedi, aggressività esasperata e provocazione continua nell’approccio all’avversario. E’ il loro Dna, la fierezza di una terra con antiche aspirazioni separatiste che diventa furore agonistico e ribellione contro il mondo intero. Il clima dell’Anoeta era incandescente ma anche questo doveva essere ben conosciuto.

Eppure l’Inter è entrata in campo come se dovesse affrontare un Young Boys qualunque (con tutto il rispetto per gli svizzeri ovviamente).

Errore di approccio gigantesco dunque che spiega la “bambola” patita dai ragazzi di Inzaghi fin da subito con Pavar e Dumfries infilati come baccalà dai laterali spagnoli dopo il pronti via, poi il palo e infine l’erroraccio di Bastoni per confezionare il regalo più gradito agli avversari.

La pecca più evidente di Inzaghi è stata questa, non aver preparato adeguatamente l’approccio ad un match al calor bianco contro un avversario tecnicamente non superiore ma agonisticamente indiavolato. Dopo 70 minuti, appena l’adrenalina ha chiuso loro i muscoli i baschi sono tornati alla loro dimensione naturale, una buona squadra, niente di più.

Asllani senza personalità, Arnautovic senza senso

Con questa premessa parlare dei singoli è riduttivo anche se i 5 cambi di Inzaghi offrono spunti interessanti. Asllani ha dimostrato che fare l’alternativa a Brozovic prima e Calhanoglu adesso non è una passeggiata di salute se non hai spalle larghe e personalità da vendere. Tanto meno se Barella e Mkhitaryan  mandano in campo le loro controfigure. Pavard e Carlo Augusto se la cavano alla bell’e meglio, Arnautovic no, non se la cava. Troppa la differenza con Thuram, nella capacità di far salire la squadra, nella capacità di verticalizzare in velocità. Soprattutto nella capacità di non farsi anticipare, azione in cui il francese è maestro mentre il reduce del Triplete sembra muoversi con la moviola.

Ergo, per come la vedo io, se Calhanoglu fosse stato in campo ben difficilmente la squadra avrebbe avuto un centrocampo meno sofferente di fronte alla tigna dei baschi. Se Thuram fosse stato schierato subito invece anche il semplice rilancio di Sommer verso di lui avrebbe costretto la Real Sociedad a rinculare e perdere metri preziosi, facendo respirare la difesa e creare qualche grattacapo in più dalle parti di Remiro.

Teorie sbagliate

Si torna a casa con una pareggio prezioso per la classifica e con qualche interrogativo che si pensava di non dover più affrontare dopo la cavalcata di fine stagione scorsa. Ci sta tutto, siamo a inizio stagione, i meccanismi sono ancora da perfezionare, inutile (anzi dannoso) dare per scontate solo meraviglie dopo il derby.

Gli interisti più scafati potevano anche mettere in conto una difficoltà improvvisa, diversi tra gli addetti ai lavori invece aspettavano solo questo. Il gol di Lautaro gli ha rotto le uova nel paniere, spiaze, sarà per la prossima volta.

Quel che dà fastidio leggere è la teoria secondo la quale i 5 cambi sarebbero da spiegare con la volontà di Inzaghi e della società di preservare la squadra per il campionato in ottica seconda stella mentre la Champions quest’anno potrebbe attendere.

Una teoria che fa sorridere visto che siamo ancora a settembre, visto che la rosa nerazzurra è ampiamente più dotata di quella dello scorso anno, visto che i soldi veri li porta la Champions, visto che andare avanti in Europa porta pure punti preziosi per il mondiale per club 2025 dove, lì si, i quattrini fioccheranno.

Nonostante la sconfitta, Istanbul è un ricordo troppo bello per chiuderlo in un cassetto. Sognare di ripetersi è doveroso, snobbare l’Europa non rientra nei cromosomi nerazzurri.


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