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Marotta a tutto tondo, pt.3: le parole sulla Juve, su colpi mancati e Ronaldo

Al Festival di Trento ha parlato l’amministratore delegato nerazzurro che ha parlato di tantissimi argomenti. Ecco qui il terzo estratto

Un Beppe Marotta a tutto tondo.

Il direttore generale dell’Inter ha parlato sul palco del Festival dello Sport di Trento di tantissimi temi, soprattutto inerenti al mondo nerazzurro, dal mercato, al nuovo modello di business, fino al ruolo della proprietà, soffermandosi anche su argomenti personali.

Sul passaggio dalla Juventus all’Inter: “Mi sono meravigliato, è stato tutto fatto velocemente: io ho annunciato l'addio al sabato e il giorno dopo il presidente Zhang mi ha mandato un messaggio invitandomi ad un confronto. Mi ha preso in contropiede, io avrei voluto dopo otto anni magari riposare: ma ho colto questa opportunità al volo, l'Inter è una grande società. Sono due brand di grande valore, mi sono buttato immediatamente in questa realtà con le caratteristiche che mi porto dietro da 40 anni. L'esperienza è un'altra caratteristica importante. Sono partito con grande determinazione: la proprietà ha sposato subito il mio progetto, che era difficile. Lasciare a casa Spalletti per sceglierne un altro ci vuole coraggio: l'ho fatto forte dell'esperienza. Diffidenza dell'ambiente? E' quella diffidenza che si trova spesso: io non ho avuto difficoltà, io entro subito in simbiosi con le persone. Non ho avuto difficoltà, ho avuto la facilità di trovare una società preparata con persone per bene che aveva bisogno di persone vincenti”.

Su Gianni Rivera: “Io avevo dei limiti quando giocavo, quando ero nel Varese avevo il ruolo di Rivera: era il mio esempio. Io volevo imitarlo come calciatore. Il mio sogno però era quello di fare il dirigente fin da piccolo e l'oratorio è la prima palestra per fare il dirigente, capisci il senso dell'organizzazione, della competizione e della vittoria. Da lì ho cominciato la mia attività”.

Sulla possibilità di rivincere lo scudetto: “Ci credo assolutamente. Vogliamo regalare ai tifosi la seconda stella”.

Su Alvaro Recoba: “Vincere a Venezia significa vincere in uno stadio nell'acqua e attraversare il Canal Grande: non ho mai più vissuto momenti così nella mia vita. Recoba è nato in un minuto: dovevamo prendere un giocatore e Zamparini identificò Orlandini del Parma. Chiamai Oriali per fare il contratto: andando verso Parma, mi chiamarono dicendomi che Galliani aveva preso Orlandini. Mi chiamò Regalia e gli dissi che ero in difficoltà: mi disse che era a vedere un'amichevole dell'Inter e aveva visto Recoba. Dissi a Zamparini di Recoba: andai all'Inter e con Mazzola feci quest'operazione. Io l'avevo visto mezza volta, ma lui ci portò alla salvezza”.

Sull’ex presidente Pellegrini: “Voleva portarmi all'Inter. Lui aveva bisogno di un giovane come me: l'alternativa era Dalcin. Con Pellegrini ho una grande amicizia: dico meno male che non mi ha preso, io mi sarei bruciato. Se avessi colto l'Inter a 25 anni mi sarei perso: non avevo la consapevolezza di oggi. Ho fatto un percorso graduale partendo dalla provincia fino all'Inter: è stato un percorso fortunato”.

Sui rimpianti di mercato nella sua carriera: “Sono tanti, l'ultimo è stato alla Juventus: potevamo prendere Haaland per 2 milioni. Potevamo prenderlo per poco, oggi è uno dei calciatori più importanti a livello internazionale. Non può arrivare in Italia un giocatore così: nel 2000 nei primi dieci fatturati d'Europa c'erano cinque italiane, oggi solo la Juve. Siamo un campionato di transizione, vedi Lukaku: ti porta a gustare i campioni che poi quando si affermano vanno alla ricerca di ingaggi maggiori all'estero. Noi siamo obbligati ad agire di ingegno: noi abbiamo lavorato in questo mercato con queste virtù. Questo va di pari passo alla Nazionale che ci ha portato ad una grande soddisfazione. L'Italia mette sempre in vetrina grandi giocatori e allenatori: vanno fatti giocare. Qui manca la cultura della sconfitta: se i giovani sbagliano, arrivano i fischi e si bruciano. Questo malessere va combattuto. Ma oggi il tifoso è diverso, oggi è più aperto a capire le difficoltà che ha il proprio club: nel caso nostro è andato via Conte e c'è stata una rappresentanza della Curva sotto la sede. Gli abbiamo fatto capire le necessità, le hanno capite e ci hanno sempre sostenuto: il rapporto dovrebbe essere così”.

Sull’acquisto di Cristiano Ronaldo della Juventus: “Io ho espresso la mia valutazione: tutti lo vorrebbero, è un campione e da loro impari sempre. Ha una cultura del lavoro massima. Poi però bisogna collocarlo in un ambiente che in quel momento, secondo me, doveva confrontarsi con valutazione economiche: non è stato quello l'elemento che ha incrinato il rapporto con la presidenza”.