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Inter, Frattesi si racconta: dagli inizi al momento più buio. Poi un aneddoto sull’esordio

Inter, Frattesi si racconta. Uno dei protagonisti nerazzurri di questa stagione è sicuramente il centrocampista Davide Frattesi. Il ragazzo è arrivato questa estate dal Sassuolo e subito è entrato nei cuori dei tifosi interisti per la voglia che ci mette in campo. Intervistato da Dazn per la trasmissione New Brothers, il giocatore ha parlato un po’ di sè e di come è arrivato al calcio. Ecco le parole di Frattesi.

Sugli inizi calcistici: “Avevo 4 anni e mezzo, è stata mia mamma a portarmi a giocare perché ero troppo scalmanato. Ha chiesto alla pediatra se ci fosse uno sport che potesse aiutarmi a tranquillizzarmi. Nei primi tempi piangevo perché mi ricordo che mi stancavo, ma per lei funzionava. Alla fine è diventata la mia passione”.

Su cosa sarebbe diventato, se non fosse stato un calciatore: “Il tennista, probabilmente. Ma mi sarebbe piaciuto fare l’avvocato”.

Sul primo stadio in cui ha giocato: “Il Curi, facemmo un torneo quando eravamo veramente piccoli. All’epoca eravamo tutti super felici”.

Sull’esordio tra i grandi: “In Coppa Italia, nel 2017, anche lì fu una grande emozione. Tra l’altro in campo, nell’Atalanta, c’era Bastoni”.

Sul ruolo del portiere in cui giocava da piccolo: “Sì, poi andando avanti ho fatto l’attaccante. Franceschini mi cambiò ruolo mettendomi mezzala, anche lì non ero d’accordo e infatti mi lamentavo. Oggi gli devo dire grazie”.

Sul suo più grande sostenitore: “Mio nonno, mi raccontano che ogni tanto mi lasciava affisse le pagelle col commento sulla porta di casa. Senza dubbio è stato lui”.

Sul momento più complicato in carriera: “Quando ho finito il Settore giovanile e sono andato al Sassuolo, dove non giocavo e mi ruppi il quinto metatarso. Fu un anno un po’ particolare, ma queste cose vanno messe in conto. E’ difficile che vada tutto bene”.

Sull’insegnamento più grande ricevuto: “Penso il gruppo squadra, bisogna sempre avere rispetto di tutti”.

Sui suoi pregi e difetti: “Quando voglio una cosa, cerco di prendermela provandoci fino alla fine: questo è un pregio. Il difetto è che ogni tanto sono permaloso”.

Sulle sue tre caratteristiche come giocatore: “Incursore, faticatore, la terza è una cosa che devo migliorare, ovvero la gestione della palla”.

Su quanto è importante la vita dello spogliatoio: “Tanto perché è lì che si vincono le partite. Sembra retorica, ma in realtà è la verità. Se il gruppo è forte, gli obiettivi da impossibili diventano possibili”.

Se conta di più il talento o la determinazione: “La seconda, senza dubbio. Ci sono tanti esempi di giocatori talentuosi che non arrivano senza testa. E, viceversa, tanti meno talentuosi che con umiltà raggiungono traguardi importantissimi”.