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Una vita per l’Inter tra odio e amore, vizi e virtù di un DS

 Nel gennaio dello scorso anno ha festeggiato i 20 anni di attività al servizio dell’Inter, diventando così il dirigente con la più lunga militanza in società della serie A. Piero Ausilio era un mediano di belle speranze nella Pro Sesto quando un brutto infortunio gli interruppe la carriera a soli 19 anni. Capì che con il calcio giocato aveva chiuso, si dette allo studio universitario ed allo studio del calcio da dietro la scrivania. Nel 1997 si era laureato da poco in Giurisprudenza all’Università di Milano quando la sua vecchia società decise di affidargli il primo incarico da dirigente, la responsabilità del settore giovanile del club che all’epoca militava in C2.

Impiegò poco a mettersi in mostra. L’anno dopo, complice un suggerimento di Pierluigi Casiraghi, lo chiamò l’Inter. Il compito non era di primissima fascia (segretario del settore giovanile), ma il ragazzo era sveglio e capì che da lì poteva iniziare la sua scalata. Detto fatto, nel 2001 diventa Responsabile Organizzativo del Settore Giovanile, dove collaborava con Beppe Baresi che ne aveva la responsabilità tecnica e poco dopo è direttore dell’intera cantera nerazzurra. Negli anni successivi va a rafforzare la sua preparazione manageriale allo Spezia, dove side nel Cda in quota nerazzurra, per poi diventare Direttore Sportivo.

Si arriva al 2010, Moratti lo chiama all’incarico con la I maiuscola, Direttore Sportivo dell’Inter, dove lavora insieme a Marco Branca Responsabile dell’Area Tecnica per poi sostituirlo nel 2014. Nel 2015 vince il premio quale miglior dirigente sportivo della serie A di quella stagione, riconoscimento doppiato due settimane fa per lo scorso anno.  Ha conosciuto gli anni della sofferenza pre Calciopoli, è stato protagonista discreto ma efficiente dietro le quinte degli anni delle vittorie a raffica. Poi i riflettori sono caduti su di lui, con il crescere delle responsabilità, e da lì è iniziata una stagione di amore e odio con i tifosi che non ha ancora trovato la parola fine.

Nella tifoseria, c’è chi gli addebita molte responsabilità dei risultati deludenti degli ultimi anni, senza ricordare o, peggio, senza voler ammettere le difficoltà causate dal FFP. A lui sono toccati gli anni delle vacche magre. Adesso che quelle grasse si riaffacciano all’orizzonte arriva Marotta ed i meriti saranno i suoi. Per Ausilio ci saranno le pernacchie per aver fatto 50 milioni di plusvalenze lo scorso anno senza vendere nessuno dei big. Per lui Zaniolo sarà il Coutinho dei prossimi anni, tanti ora straparlano, ma 6 mesi fa si spellavano le mani dagli applausi.

Per molti merita il banco degli imputati per alcuni giocatori arrivati in nerazzurro a cifre stratosferiche le cui performances hanno ampiamente deluso, ma è gente priva di memoria, visto che i due esempi più eclatanti (Gabigol e Joao Mario) lo videro emarginato in una situazione di sostanziale impotenza da Mr. Kia Joorabchian, fiduciario di Thohir e Suning in quel mercato dell’estate 2016 mai rimpianto a sufficienza.

Ha portato all’Inter gente come Brozovic, Skriniar, De Vrij, Perisic, ma tutti gli ricordano Coutinho, come marchio indelebile che segna una carriera. Ausilio ne ha parlato pochi giorni fa a Sky nel programma a lui dedicato, quando gli è stato chiesto della cessione più dolorosa. “ Coutinho, in assoluto. Sarò sincero, in quel caso non è stato tanto un discorso economico. Infatti appena venduto lui, acquistammo Kovacic ed Icardi. Sia io che Branca e tutta l’area tecnica dell’Inter avrebbe tenuto il brasiliano per 20 anni, ma c’era un dato di fatto legato ai numeri: non giocava. E il calciatore ogni sei mesi veniva a dire che, giustamente, se ne voleva andare perché voleva giocare“. Quindi per informazioni rivolgersi alla splendida truppa Benitez, Leonardo, Gasperini, Ranieri, Stramaccioni, che nel periodo 2010-2013 trattarono il giovane brasiliano alla stregua di una mascotte o poco più.

L’uomo Ausilio lo ha raccontato bene Giulio Mola in suo articolo su “Il Giorno” di qualche mese fa. “Se lo conosci, ti fidi di lui. Se lo conosci è assai probabile che ti risponda al telefono,anche nelle ore più improbabili… Se lo conosci, è difficile che ti possa mandare “fuori strada“. Al limite fa una smorfia, cambia argomento, ti fa l’elenco di tutto ciò di sbagliato che hai scritto (se sei un giornalista).

Ma devi conoscerlo prima, e conquistare la sua fiducia. Non ti regalerà mai un’esclusiva, per lui i cronisti sono tutti uguali e da rispettare. Non ti dirà mai in quale città si trova e quale partita andrà a seguire ma non ti racconterà bugie. Se deve depistarti lo farà con classe…Più facile che ti dia una mano a non scrivere inesattezze …perché lui non è proprio il tipo da “fantamercato“… Non è abituato a strillare e neppure a fare proclami, parla a bassa voce ed è sempre educato con tutti, soprattutto con i giornalisti. Anche con quelli che, chissà per quale misterioso motivo, lo attaccano a prescindere.”

Più lo attaccano, più lui rifugge la ribalta, convinto che solo il lavoro porti a giudicare correttamente un dirigente del suo livello. Non sappiamo a chi si riferisse Mola quando parla di opinionisti che attaccano Ausilio a prescindere. Per quanto ci riguarda, sono rimaste epiche le parole vergate da un editoriale di Michele Criscitiello quando la proprietà cinese del Milan incaricò Fassone di scegliere il nuovo direttore sportivo rossonero.

Al momento della scelta del DS avrà ricevuto 1.200 chiamate ma senza neanche mai pensarci scelse Mirabelli.

Fassone apprezzò le relazioni e le discussioni tra Mirabelli e Ausilio e capì subito, poi tutto confermato dal campo, che le intuizioni di Mirabelli erano giuste al contrario delle analisi di Ausilio. Suning oggi paga tre direttori sportivi, tra questi c’è Baccin che è molto bravo e competente, ma il vero Direttore lo aveva in casa e se lo è fatto sfuggire con troppa superficialità.

Alzi la mano chi rimpiange Mirabelli (e pure Fassone). E se c’è qualcuno che ha questo coraggio, ricordi che pure Mirabelli arrivò all’Inter grazie ad Ausilio. Per fare il capo degli osservatori, niente di meno niente di più.