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Suning c’è, contro tutto e contro tutti, ma adesso le parole non bastano più

Suning sta tenendo fede ai suoi impegni. Ora l’Inter è libera dai paletti del FFP , Zhang deve alzare il tiro per avviare il circolo virtuoso

Adesso  l’Inter ha anche l’uccellino che preannuncia chissà cosa. Senza  confondere sacro e profano, fino ad oggi solo San Francesco  poteva  asserire senza tema di smentita di parlare utilmente con i pennuti, mentre Alex Del Piero ci ha provato inutilmente per anni. Ora evidentemente nella nuova sede di Porta Nuova il progresso ha raggiunto livelli tali che nuovi acquisti, nuovi sponsor o chissà quale altra novità non sarà programmata e annunciata dagli algoritmi ma dal passerotto galeotto, alla faccia di Zuckerberg,  di Steve Jobs e perché no, pure di Jeff Bezos.

Ironie a parte, il settore comunicazione dell’Inter merita un riconoscimento fuori dal comune per una trovata come questa. Che però non deve solo far sorridere i tifosi o scatenare nel loro ego ferito  da anni di vacche magre chissà quali sogni da fantascienza per il mercato. Molto più realisticamente deve far riflettere sull’operato di Suning, quasi 600 milioni investiti nell’Inter negli tre anni e qualcuno ancora continua pure a smoccolare contro i cinesi.

Quante volte abbiamo letto sui social, anche in questi giorni,  gli incazzati di turno scrivere che Suning usa l’Inter solo per farsi pubblicità? Pur senza essere uomini di marketing è facile immaginare che  con i 600 milioni di euro investiti fino ad oggi  poteva trovare mille altri modi di pubblicizzare il suo nome ed il suo business in maniera molto più redditizia. La nuova sede è una realtà, tra pochi giorni  parleremodel nuovo stadio, robetta da centinaia di milioni di euro, ma gli smanettatori  continuano a urlare “basta con i ragionieri, vogliamo giocatori top e scudetti” concetto giusto nella sintesi ma fallace nella sostanza.

A questo urlo di liberazione di solito segue immediatamente la risposta “tanto l’Inter non avrà mai le possibilità della Juve e dei grandi club europei”, teorema  caro a chi vede solo il nero e mai l’azzurro e a chi  ancora non ha superato la sindrome di Cenerentola, figlia degenere degli anni di ristrettezze imposte dall’UEFA che ha portato  gli interisti perfino ad invidiare il Milan di Fassone e Mirabelli, e fermiamoci qua.

E allora accontentiamo pure loro. Una volta intravista l’uscita dal Settlement agreement, i primi a farsi sotto per accasarsi in nerazzurro sono stati Marotta e Conte.  Due signori con il dente avvelenato per motivi diversi nei confronti del loro antico datore di lavoro. Davvero qualcuno crede che senza le necessarie garanzie sugli investimenti  i due ex juventini avrebbero fatto la scelta che hanno fatto? Marotta poteva trovare lavoro e casa lungo il Tamigi, vicino alla Senna, dove voleva, bastava schioccasse le dita. Conte, lo conferma Fabrizio Biasin, poteva tranquillamente tornare alla Juve dove sarebbe stato accolto come un figliol prodigo invece che con tanti sorrisi a denti stretti e qualche maledizione come accaduto dalle nostre parti.

E ancora: se anche fosse vero che l’Inter rappresenta per “i cinesi” un semplice strumento pubblicitario,  è logico dedurre che si metta in mostra il prodotto  più attraente possibile, quello davvero di qualità per sbaragliare la concorrenza. Il tornaconto sarebbe positivo solo per Suning o non anche per l’Inter?

Ma dopo la chiacchierata dell’uccellino si impone una riflessione ulteriore: perché proprietà  e società  dovrebbero accendere speranze di grandeur se non sapessero di poterle mantenere?  Occhio, nessuno immagini centinaia di milioni messi sul tavolo del mercato, l’attenzione alle plusvalenze (non obbligatorie) ed il rispetto degli equilibri di bilancio restano la linea guida fondamentale di Suning.

Ma ci piace immaginare che sia arrivato il momento in cui Steven Zhang e soprattutto the boss  Jindong abbiano capito che è giusto il percorso di Tronchetti Provera, che ha sempre sostenuto che i successi arrivano solo investendo e che proprio le vittorie portano soldi a palate destinati ad essere, in parte, ulteriormente reinvestiti. Il circolo virtuoso che i grandi club europei hanno avviato da tempo e che l’Inter non ha mai avuto la grazia di assaporare dopo gli anni memorabili di Moratti e del Triplete.

Dopo tutta sta pippa, che ha detto l’uccellino? Ohhh, ma devo fare tutto io qua? Io ho messo la domanda, per la risposta , rectius, il sogno,  ognuno metta il suo… (Leo Messi non vale, per il resto va bene tutto).