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Ricordando Prohaska, quei dieci minuti che hanno sconvolto San Siro

 

C’era aria di festa ieri sera a San Siro, il pienone come al solito, le torce degli smatphone a illuminare Pazza Inter Amala, preludio al riveder le stelle. Sembrava una tavola apparecchiata per un giorno di festa, il tacchino era pronto (il PSV), c’era solo da arrostirlo.  Poche battute di gioco e l’antipasto inizia ad andare per traverso. Il palo di Perisic dopo tre minuti segnala che qualcosa non va. Chi ha i capelli ingrigiti dall’età e dalla memoria non potrà non aver ripensato al palo di Herbert “lumachina” Prohaska nella semifinale di ritorno contro il Real Madrid nella Coppa dei Campioni 1981. Anche quella una partita decisiva, anche quella una notte straordinaria. A Madrid Santillana e Junanito avevano timbrato il cartellino, a San Siro ci riuscì solo Graziano Bini a pochi minuti dalla fine. Inter eliminata e pensieri non proprio rosei che assalgono i “diversamente giovani” presenti sugli spalti. E tanto per confermare arriva Lozano, 10 minuti dopo, a uccellare Samir. 

Non può finire così, il Barca sta anche facendo il miracolo invece del biscotto! “El segna semper lu” dicevano i tifosi nerazzurri a proposito di Maurizio Ganz qualche anno fa. Il motto andrebbe ripreso e amplificato per Mauro Icardi. Quando la mette dentro, tutti, ma proprio tutti sugli spalti abbiamo ripensato alla prima del girone con il Tottenham. Quel ricordo scaldava il cuore dei tifosi in una serata fredda. Ma non c’era la garra charrua di Vecino ieri sera. E non mancava solo l’uruguagio ieri sera. L’1 a 1 arriva al 75mo più o meno. I 15 minuti da lì alla fine dovevano diventare un’assalto all’arma bianca, assennato ma feroce. Il golletto di Dembelè resisteva ma era troppo poco per avviare la festa. I ragazzi di Spalletti e magari anche il mister non devono averla pensata così.

Quei dieci minuti tra il 75 e l’85mo, quando il tabellone ha inforcato la giugulare di 65 mila persone infreddolite, sono stati quanto di più incredibile si possa immaginare. Invece di cercare la vittoria, la squadra ha avviato un lento e penoso tiki taka suicida. Decine di palloni giocati sempre e solo in orizzontale, nessun affondo, nessun lampo, quando solo di quello c’era bisogno. Una passività fastidiosa quanto pericolosa. Spalletti ci ha messo del suo, Politano era davvero esausto ma inserire Vrsaljko è stato un segnale di arretramento psicologico e calcistico.

Quella difesa dell’ 1 a 1 è stata l’atteggiamento più colpevole, quello che ha fotografato in maniera lampante la mancanza di personalità della squadra. Al di là del risultato quello che ha fatto invelenire il popolo nerazzurro è stato proprio questo atteggiamento, di cui prima o poi Spalletti dovrà dar conto. Il pubblico lo ha capito, ha rumoreggiato, poi ha incitato di nuovo. E poi il tavolo imbandito per la festa è rimasto lì, il tacchino olandese è scappato festeggiando, gli ottavi di Champions pure.