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Inter: Piazza d’Armi, una beffa per i tifosi, una brutta figura per la società

Era il 10 novembre 2017. La Gazzetta dello Sport informava che dopo aver partecipato ad un incontro in video conferenza con il Presidente di Invimit Ferrarese, l’Ad dell’Inter Antonello aveva detto “Sì, è vero. C’è la volontà da entrambe le parti di arrivare alla conclusione di un accordo”. Era la conferma ufficiale di quanto le indiscrezioni andavano dicendo da tempo a proposito del grande interesse dell’Inter per l’area di Piazza d’Armi, nell’ottica della costruzione della futura cittadella nerazzurra.

Ancor prima, il 27 ottobre il Corriere della Sera informava di in un incontro chiave avvenuto a Palazzo Marino.L’Inter e Invimit avevano incassato dall’assessore all’Urbanistica Pierfrancesco Maran una informale indicazione a procedere con il nuovo progetto. Il club nerazzurro avrebbe stanziato circa 100 milioni di euro per rilevare più di 30 ettari. Spazi destinati a creare nell’area ex militare il suo campus con 20 campi da calcio, una residenza sportiva, palestre e un centro medico specializzato.

Stamani invece la doccia gelata. Allo scadere del bando di Invimit, la società nerazzurra non ha presentato alcuna offerta. Le ragioni del mancato impegno secondo Il Sole 24 Ore sarebbero da individuare nell’incerto sviluppo della vicenda relativa alla riqualificazione dello stadio di San Siro, in attesa che il Milan prenda le sue decisioni definitive, nonchè “ad ostacoli di natura urbanistico- burocratica”.

La delusione è ovvia e grande. Suning sembrava veramente decisa ad un impegno economico formidabile per la realizzazione di una cittadella nerazzurra. Progetto che, almeno in termini di infrastrutture, avrebbe allineato la società ai più prestigiosi top club europei. Oltretutto gli investimenti in queste realizzazioni esulano anche dai paletti del FFP. Logico dunque che appassionati ed osservatori si aspettassero un esito ben diverso della vicenda.

Anche perché, nella logica del tifoso, un impegno di questa portata avrebbe rappresentato un punto di non ritorno sulle effettive volontà del gruppo Suning di investire nella società. La mancata offerta, qualsiasi siano le ragioni, causa dunque una pesante disillusione al mondo dei supporters interisti, che attendevano anche questo segnale per sperare poi in una campagna acquisti all’altezza di questa prospettiva.

Le riflessioni da fare al riguardo sono almeno due. Innanzitutto, come è possibile che un management di livello assoluto come quello nerazzurro non abbia preventivamente ben valutato le possibili problematiche urbanistiche che la vicenda comportava? Possibile che nessuno conoscesse le difficoltà e non abbia fatto di tutto, insieme al Comune di Milano, per porvi rimedio? Non poteva essere assunta quale modello di riferimento l’acquisto dell’area della Continassa da parte della Juventus di qualche anno fa?

In secondo luogo, se la società aveva ben chiari questi possibili ostacoli, perché ha permesso, tramite la comunicazione propria e degli altri soggetti coinvolti, che l’aspettativa dei tifosi per questo appuntamento salisse in maniera così importante per poi dire “no, abbiamo scherzato”? Si poteva attuare una strategia di comunicazione diversa, più prudente, diciamolo pure, più realistica?

Suning non esce bene da questa vicenda. Si continua a rafforzare l’immagine di incertezza sulle effettive volontà di investire nell’Inter che già tante polemiche hanno sollevato in tempo di mercato. Le restrizioni all’esportazione di capitali imposte dal Partito Comunista cinese ed il ruolo sempre più importante che Zhang Jindong riveste al suo interno, oltre al FFP, stanno pesantemente condizionando l’agibilità economica di un club che ha l’ambizione di tornare laddove la storia gli ha assegnato il posto, ai vertici europei. Non è difficile prevedere che dopo il termine del campionato, qualsiasi sia il verdetto finale, le polemiche torneranno a rifiorire pesantemente.