Editoriale

Inter, con questo Lautaro si rischia il solito errore

C’è qualcosa di più interista di Calhanoglu che batte l’angolo proprio sotto la curva sud  mentre gli piovono addosso i canti peggiori sull’attività professionale della mamma e Lautaro la butta dentro strozzando cori e coronarie rossonere?

Si, c’è qualcosa di più interista. La paura della beffa negli ultimi minuti di una partita stradominata. La sindrome della crocerossina che riesce a resuscitare i morti quando invece c’era bisogno del cinismo per chiuderla prima.

Giroud stavolta non si è girato. Stavolta il francesone si è aggirato per il campo per 90 minuti come un vecchio puntero di quarta serie, affaticato dagli anni e da un mondiale perso sul filo di lana. Ha avuto una mezza palla buona, l’ha controllata male, Acerbi oplà, il pallone non c’è più. Adios Milan. In quella palla c’è tutto il Milan di ieri sera. Anzi non c’è stato niente di Milan, c’è stata solo l’Inter, come a Riyad. Solo le parate di Tatarusanu, il ginocchio di Lautaro in fuorigioco e un fischio di Massa ancora tutto da capire sul gol di Lukaku hanno permesso che la partita restasse in bilico fino al 90mo.

Pioli e Inzaghi, una grande differenza

Pioli ha sbagliato formazione dicono oggi. Manca la controprova ma la sensazione è che anche con Leao dentro subito si poteva giocare fino a martedì prossimo senza che Onana si sporcasse le braghe. Non è più on fire il tecnico rossonero nemmeno per la grande stampa. Finchè la sorte gli ha sorriso sembrava la star che attraversa il tappeto rosso di Venezia con la coscia di fuori, osannata e desiderata. Oggi dicono che in altre epoche sarebbe già senza panca. Oggi lo abbandona perfino Arrigo Sacchi cantore stucchevole di un calcio reso bello e vincente solo dalle disgrazie altrui e da qualche rigore piovuto dal cielo.

Più o meno le stesse cose che ciclicamente dicono di Inzaghi. Con la differenza che nessuno ha costruito un mito  intorno a lui. Anzi, per molti era e continua ad essere un parvenu baciato dalla sorte e dai debiti dell’Inter che non permettono l’arrivo di Klopp, Simeone o Guardiola. Inzaghi, come Pioli, come tutti gli allenatori, ha fatto errori che, insieme ad altre mille concause, sono costati  uno scudetto lo scorso anno e punti per rincorrere il Napoli in questa stagione. Ha buttato giù il rospo, ha fatto abbaiare il gatto in assenza del cane (Calhanoglu regista con Brozovic fuori), ha ricompattato un ambiente che dopo il pessimo inizio stagione sembrava andare a ramengo, ha passato un girone di Champions infernale e ora è li a giocarsi gli obbiettivi su tutti i fronti, campionato escluso se a Napoli non danno  di matto. Il convento passa questo, facciamocelo bastare. Chi si accontenta gode, chi ha da obbiettare porti anche le soluzioni non solo le parole.

Lautaro, pronti a ricascarci?

L’ultima parola è per Lautaro. Primo derby con la fascia da capitano al braccio, gol decisivo e una partita di una intensità infinita. Anche su di lui i giudizi si sono spesso divisi, anche tra i tifosi interisti, talvolta anche per calcoli strumentali. Continuo a pensare che a giro non ci sia nessuno che a 25 anni riesca a trascinare come lui, anche  e soprattutto quando non timbra il cartellino, quando fa segnare gli altri, quando lui alto quanto un fantino del Palio fa a sportellate con gente alta e grossa come armadi, quando difensori senza qualità lo tempestano di calci  e sbracciate come Gabbia ieri prima di ricevere il giallo.

Talento, attributi, personalità, esperienza, capacità di incidere nelle partite che contano (proprio il Milan ne sa qualcosa, 7 caramelle ai rossoneri). Serve altro?

Hai voglia a dire non innamoriamoci dei giocatori, io con Lautaro ci sono cascato di nuovo. Sperando di non prendere l’ennesima fregatura…

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