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Inter, momento no. Dalla proprietà ai giocatori, tanti aspetti da migliorare

Steven Zhang

Inter, tra campo e mercato è stata un’estate complicata per i nerazzurri. La squadra di Simone Inzaghi, dopo la brutta sconfitta di ieri, è entrata al centro delle critiche. Il 3-1 subito dalla Lazio, per come è arrivato, ha lanciato un piccolo campanello d’allarme e qualche malumore nell’ambiente nerazzurro. Scelte sbagliate di campo e prestazioni non all’altezza hanno confezionato la prima sconfitta stagionale. Certo, è solo la terza giornata di campionato e, quindi, c’è tutto il tempo per lavorare al meglio e per recuperare dallo scivolone. Ma l’impressione che si ha, quantomeno dall’esterno, è che tutto il contorno che si è mosso attorno all’Inter da due anni a questa parte, si stia riflettendo in vario modo sulla squadra. Dalla proprietà alla dirigenza, fino ad arrivare ai calciatori, questo inizio di stagione ha mostrato delle problematiche di fondo. Di certo, come è ovvio, non è utile a nessuno dire che tutto va bene, così come non è esatto dire che è tutto da buttare. Proprio per questo, analizziamo punto per punto quanto sta accadendo all’Inter, nella speranza che a certe situazioni si possano apportare dei correttivi per ambire a traguardi ambiziosi.

LA PROPRIETA’ – Da due anni a questa parte, soprattutto per quanto riguarda il rapporto con la tifoseria, la proprietà è entrata fortemente nell’occhio del ciclone. L’impossibilità di poter investire sulla società e sulla squadra, per svariati motivi, ha fatto sì che si sia rotto più di qualcosa tra i tifosi e il patron e presidente Steven Zhang. In tutto questo, sarebbe ingiusto non dire che il merito dei tre trofei giunti dopo ben undici anni, oltre che del management e di staff tecnici e giocatori, sia anche di Steven Zhang – e va riconosciuta, anche se dopo tante peripezie, la resistenza per Skriniar con l’intervento della dirigenza. Di certo, però, la situazione in cui versa la società nerazzurra non può essere trascurata. La mancanza di incidenza della proprietà in termini economici ha portato alla ribalta il concetto di ‘sostenibilità’. A parte qualche esempio, diciamo così, particolare (come il Paris Saint Germain, per capirci), in Europa tutti mandano avanti questo concetto (il Bayern, in tal senso, è maestro di sostenibilità). La differenza con le altre ‘big’ sono i ricavi. Ma anche come viene attuato il concetto di ‘sostenibilità’. Questo è il vero punto di discrimine. Se altri investono quanto ricavano, all’Inter succede lo stesso? Per vari problemi no, ma è un tema che si affronterà quando si parlerà della dirigenza. Quello che bisogna tener chiaro in mente quando si parla della sostenibilità, in rapporto alla proprietà, è che, di fatto, la decrescita felice non esiste. E’ impossibile da raggiungere. Se ogni anno è necessario fare un certo attivo sul mercato, con diminuzione del monte ingaggi (quest’ultimo, fattore troppo sottovalutato da molti), è ovvio che la rosa, alla lunga, non possa essere competitiva per certi obiettivi. E, di conseguenza, il progetto nerazzurro, di cui tanto si parla, rischia di diventare più economico (per risolvere i vari problemi), che tecnico. Di sicuro, sembrano lontani i tempi del “schiacceremo tutti in campo e fuori”.

LA DIRIGENZA – Nella tormentata estate nerazzurra, qualche errore se lo porta dietro anche il management. Sia ben chiaro, operare in certe condizioni non è per nulla facile. Proprio per questo, forse, sarebbe stato meglio parlare meno davanti alle telecamere. Il riferimento, nemmeno troppo velato, è ai casi Dybala e Bremer. Inutile raccogliere tutte le parole dette in questi mesi dai dirigenti lato sport. Di sicuro, se non si ha la possibilità di investire e se l’unico appiglio è quello della parola data dai giocatori (che conta, come poi si è visto, zero), forse sarebbe meglio fare molti meno proclami. Le problematiche, però, arrivano non solo sul fronte degli acquisti, ma anche sul lato cessioni. La proprietà dà l’input di arrivare ad un attivo del mercato, la dirigenza sceglie il come farlo. E ad inizio mercato, la scelta, era stata quella della cessione di un big (prima Bastoni, poi Skriniar). Le contingenze hanno portato, poi, a preferire le cessioni di seconde linee come Pinamonti e Casadei – e qui, va riconosciuto l’essere riusciti a convincere Zhang a non vendere un big e a posticipare entro il giugno del 2023 l’attivo di 60 milioni. Tutto questo, però, non rappresenta quello che viene definito ‘player trading’. Questo viene fatto nel momento in cui si riesce a spendere quanto si è ricavato in sede di mercato. All’Inter, visto l’attivo imposto, questo non può avvenire e, di fatto, non avviene. Ovviamente, la strada più semplice per raggiungere il più 60 milioni è quella della cessione del big. E qui si apre un altro capitolo, quello della cessione degli esuberi. Negli ultimi (almeno) dieci anni, sono stati commessi errori grossolani da parte della dirigenza. Errori che, poi, vengono pagati in termini economici (buonuscite a Vidal, Sanchez, Nainggolan ad esempio) e di movimenti sul mercato. Certi calciatori, soprattutto se in là con l’età e con stipendi esorbitanti, solo per fare un esempio, diventa difficile piazzarli (dopo Mkhitaryan, il prossimo sarà Acerbi?). Non solo il mercato, anche la questione sponsor è tutta da capire e in continua evoluzione. Il caso Digitalbits è arrivato come un fulmine a ciel sereno e una soluzione in breve tempo sarebbe auspicabile.

ALLENATORE E STAFF TECNICO – E qui, si arriva alla cosa più importante: il campo. Simone Inzaghi, nella passata stagione, è riuscito a fare qualcosa di molto positivo, con la vittoria della Coppa Italia e della Supercoppa Italiana. Il rammarico è stata la mancata vittoria dello scudetto. In questa stagione, il tecnico, è partito ai nastri di inizio campionato ammettendo che l’obiettivo è tornare a portare nella sponda nerazzurra il tricolore. L’avvio di questa stagione, però, non ha ancora convinto del tutto. La vittoria contro il Lecce all’ultimo respiro ha mostrato un’Inter ancora compassata e in cerca della miglior condizione. Quella contro lo Spezia aveva fatto intravedere alcuni miglioramenti, ma la squadra ligure è stata, per ammissione del proprio tecnico, troppo contratta e quasi in attesa di subire il gol da un momento all’altro. Infine, il disastro contro la Lazio. E gli errori di allenatore e staff tecnico sono stati lampanti. Se è vero che la condizione è quella che è, ad oggi, è anche vero che bisogna uscire dalla logica di un’Inter fatta da 20 giocatori titolari. Non è così e ci sono livelli differenti, per ragioni diverse, tra titolari e riserve. Nell’undici titolare, i nerazzurri se la giocano alla pari con Milan e Juventus. Nelle riserve, c’è più di qualche dubbio. Gagliardini, non si è dimostrato all’altezza per certe partite (anche se accanirsi su di lui da parte del tifo, senza guardare alle brutte prestazioni del resto della squadra, è parecchio ingiusto), Correa non è Sanchez, Dzeko non è il giocatore visto al City, ma nemmeno alla Roma, solo per fare qualche esempio. Oltre a questo, c’è più di qualche equivoco tattico da mettere in luce. La squadra di Inzaghi, nella scorsa stagione, è riuscita a raggiungere i propri obiettivi grazie ad un gioco bello (aspetto meno importante), ma soprattutto efficace. A questo, in estate, l’allenatore ha voluto aggiungere ad ogni costo l’arrivo di Lukaku. Il belga ha le caratteristiche che servivano all’Inter nella scorsa stagione, ma ha anche le caratteristiche che si adattano al gioco che ha fatto le fortune della squadra? Big Rom non è un attaccante che fa del palleggio la propria arma migliore. Semmai, è ottimo nel gioco spalle alla porta e a svolgere il compito di dare profondità alla squadra e ‘tirare il collo’ alle difese avversarie. Il tutto va contestualizzato con il resto della squadra. L’Inter, a parte un paio di elementi, non ha giocatori di un certo tasso tecnico e che sappiano saltare l’uomo. Quindi, probabilmente, avrebbe avuto bisogno di qualcuno che sarebbe stato capace di lanciare questi giocatori bravi più a chiudere l’azione che a crearsela. Tutto questo, va trasposto anche al reparto difensivo che sta avendo più di qualche difficoltà ad oggi. Il palleggio della scorsa stagione era la prima arma difensiva della squadra. Oggi, con il bisogno di più verticalità e meno palleggio, questa arma la si può utilizzare meno, con il rischio di contrattacchi avversari con la difesa alta dei nerazzurri. La Lazio, ieri, in ripartenza, ha dimostrato di saper attaccare bene la difesa alta della squadra nerazzurra che, infatti, ha pagato – al netto di errori individuali.

GRUPPO SQUADRA – Se c’è un fattore in cui la squadra nerazzurra eccelle, è il rapporto tra compagni. Lo si è visto in più di qualche occasione e dichiarazione pubblica. Il campo, però, sembra portare i riflessi di tante situazioni extra-campo di cui si è parlato. La partita contro la Lazio ha mostrato un’Inter senza quella fame delle ultime due stagioni. Quella fame di chi vuole vincere lo scudetto. Questo è stato uno dei fattori più preoccupanti. Non solo: è vero che la condizione non è ancora al massimo, ma certi giocatori-leader non sono ancora riusciti a sfornare le loro solite prestazioni (e il riferimento è a Brozovic e Barella, irriconoscibili in questi primi tre turni).

SQUADRA PRIMAVERA – La bonus track di questa riflessione riguarda anche la squadra Primavera. Lo riguarda perché, questa estate, dopo la cessione di Casadei al Chelsea e dei tre giovani da inserire in prima squadra (e di cui non si vede nemmeno l’ombra all’orizzonte, tanto da sembrare un lontano ricordo), è tornato in auge, nel mondo nerazzurro, la discussione sul ruolo del proprio vivaio. Da anni l’Inter ha dei calciatori che potrebbero far parte del gruppo prima squadra (non tutti sono Mario Balotelli e vanno costruiti e aspettati). Di fatto, però, sono spesso stati utilizzati per plusvalenze o scambi per arrivare ad altri giocatori. E questo non è un aspetto inerente solo alla gestione Zhang, ma anche a quelle precedenti (se pensiamo che l’ultimo giovane lanciato è stato Davide Santon, di tempo ne è passato). I problemi economici della società nerazzurra non consentono, in tal senso, voli pindarici. Il vivaio, purtroppo, ad oggi, ha il ruolo che ha avuto negli ultimi anni: sistemare i conti o arrivare ad obiettivi di mercato. Sicuramente è un peccato, perché, nei momenti di crisi economica, tante squadre sono rinate proprio dai loro settori giovanili (si pensi al Manchester United dei Scholes, Giggs, Beckham, Neville o al Barcellona dei Xavi, Iniesta, Puyol, etc.). Il settore giovanile dovrebbe essere una risorsa tecnica, non solo economica. Ma, in tal caso, ci vorrebbe un progetto tecnico-tattico cucito addosso ai ragazzi su cui si vuole puntare per il futuro. Il semplice ‘mandarli a giocare’ non basta (e serve solo a far acquisire valore economico prima di una cessione).

Insomma, ci sono varie contraddizioni che hanno contraddistinto la società nerazzurra non solo questa estate. Ci sono aspetti per cui ci vorrà molto tempo per risolverli, altri su cui si può lavorare fin da subito. Adesso, è il momento di pensare alla stagione e alla partita contro la Cremonese che dovrà portare necessariamente i tre punti per dare una maggiore serenità all’ambiente nerazzurro e respiro a pieni polmoni alla classifica.