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Conte nervoso in conferenza: perché il tecnico ha le sue ragioni

Le carenze della rosa, offrono più di un alibi al tecnico Antonio Conte, che al netto delle sue responsabiltà , ha le sue ragioni per potersi lamentare

La conferenza stampa di oggi ha mostrato un Antonio Conte molto seccato e molto nervoso, come non lo si vedeva da parecchio tempo. Molto svogliato ed elementare nelle risposte date alla stampa. Ma perché questa reazione, dopo giorni di tiritera in cui si è detto di tutto sul (finto) cambiamento dell’allenatore leccese? Provando a fare due più due, la notizia dell’esito dubbioso dei tamponi effettuati a Radu e Gagliardini non deve aver fatto molto piacere al tecnico. Soprattutto l’impossibilità di dover rinunciare al centrocampista.

Sia ben chiaro, non è il nome di Gagliardini a far disperare il tecnico – la sua reazione sarebbe la stessa con qualsiasi centrocampista assente -, è il sommarsi dell’eventuale mancanza di Gagliardini a tutte le altre che irrita, e non poco, Antonio Conte. Sappiamo, oramai, quanto l’ex ct della Nazionale faccia pochissimo affidamento su gente come Nainggolan – giustamente. Non è adatto a fare il professionista ad alti livelli – ed Eriksen – meno giustamente, anche se il danese pare restìo, sua sponte, a darsi una svegliata viste le sue prestazioni intorpidite – o lo stesso Vecino – viste il rapporto tumultuoso della passata stagione -. Sappiamo anche che, ad oggi, Stefano Sensi sia stato tanto affidabile dal punto di vista tecnico, quanto inaffidabile da quello fisico – cosa che lo stesso Conte, forse in maniera un po’ brutale, ha fatto intuire in conferenza -. I centrocampisti rimasti, quindi sono sostanzialmente tre: Arturo Vidal, Nicolò Barella e Marcelo Brozovic, i tre più utilizzati, in mezzo, di tutta la rosa a disposizione.

Detto ciò, al netto dei demeriti del tecnico, criticato aspramente durante queste settimane, la responsabilità non può che additarsi anche alla società. Negli anni passati, sappiamo tutti quanti acquisti sbagliati sono stati fatti e quanta difficoltà a cedere hanno avuto i dirigenti nerazzurri. Dopo l’incontro di Villa Bellini, sembrava che effettivamente qualcosa potesse cambiare, che potessero essere effettuati acquisti più vicini all’idea di calcio dell’allenatore, ma i risultati di inizio stagione mostrano ben altro. Non si parla di accontentare il tecnico nelle richieste in termini di nomi (Kantè resta, a maggior ragione adesso, una meravigliosa utopia), ma quantomeno in termini di caratteristiche tecniche. I nomi che l’allenatore aveva fatto li conoscono anche i sassi: Vidal, Kolarov, Kantè, Marcos Alonso ed una quarta punta affidabile (non Pinamonti, troppo acerbo per fare da vice-Lukaku, per capirci).

Mentre sui primi due nomi è stato accontentato, la cosa non è avvenuta per gli altri, nemmeno per quanto riguarda le caratteristiche. E quindi ci si è ritrovati non solo a non aver ceduto gli esuberi su cui non si puntava e che non volevano vestire la maglia nerazzurra, ma ad adattarli ad un contesto che non è minimamente il loro. Perisic ha dato dimostrazione di non essere all’altezza di fare il quinto di centrocampo, Pinamonti non può essere la quarta punta di una squadra che punta a vincere (anche se non lo si dice), a centrocampo i fatti stanno dimostrando che i presenti in rosa non riescono a fare il filtro necessario per arginare gli attacchi avversari (10 gol subiti in campionato e 5 in Champions, non può essere solo un fatto di errori individuali).

La conseguenza di tutto ciò sono i punti persi per strada in Italia ed in Europa che stanno condannando l’Inter, col passare del tempo, a dover rincorrere e – speriamo di no – ad essere condannati a vedere altri festeggiare un trofeo. Gennaio non è ancora vicino, ma i dubbi sul mettere a posto la rosa sono tanti, perché c’è tanto, troppo da fare. L’Inter potrebbe ritrovarsi prima del dovuto a dover abbandonare ogni obiettivo per l’ennesima campagna acquisti fatta male, sia come uscite, che come entrate. E a questo la dirigenza deve rispondere, perché è una storia che va avanti dal 2011.