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Zanetti:” Moratti voleva Ortega, Mazzola scelse me. Bielsa e Mou fondamentali”

Una bandiera. Una leggenda. Un simbolo. Javier Zanetti rappresenta l'emblema dell'Inter e dell'interismo. L'ex capitano nerazzurro è rimasto ancora oggi, che riveste un nuovo ruolo, nel cuore di tutti i tifosi nerazzurri e si è raccontato ai microfoni di Inter Tv nel corso di 'Inter Football Club': Quando arrivai Rambert venne presentato come un giocatore più forte di me, era stato capocannoniere. Io ero il quarto straniero acquistato dall'Inter, visto che il club aveva lo stesso Rambert, Ince e Roberto Carlos, però sapevo che avrei potuto giocarmi le mie carte e sapevo che dovevo fare di tutto per far bene. All'epoca c'erano le Vhs, quindi non diciamo quanti anni sono passati (ride, ndr). Moratti nella partità che visionò voleva Ortega, ma Mazzola gli disse 'voglio il 4' e così è cominciato tutto”.

Sul legame tra Inter e Argentina:”All'Inter sono passati tanti grandi calciatori argentini, penso che questo feeling sia dovuto al modo in cui viviamo il calcio, che va mano nella mano con quello che viviamo all'Inter. Per noi l'Inter è una famiglia, le nostre usanze le abbiamo portate all'interno del club, alla Pinetina. Quando tu indossi questa maglia, senti qualcosa di speciale e noi argentini lo percepiamo”.

Sul suo mancato passaggio al River Plate:” Durante un Banfield-Boca Juniors un telecronista argentino disse che io sarei stato un giocatore del River, il giorno dopo tutti parlavano di questa trattativa, ma nessuno sapeva dell'Inter. Io mi sento italiano, i miei tre figlio sono italiani. Con l'età uno matura e cerca di avere un certo equulibrio, io lo avevo in campo anche per il ruolo che rivestivo. Io sono sempre stato molto tranquillo e pacato, il che non vuol dire che non intervenissi quando serviva”. 

Sui sudamericani con un forte carattere:” Tanti sono nascosti… Samuel lo vedevate in campo, mentre fuori non parlava neanche. Ognuno di noi ha la sua personalità, giusto sia così. Sono legato a tanti di loro: oltre agli argentini, Cordoba e Zamorano: tra di noi c'è stata subito empatia, la nostra amicizia durerà. Sono praticamente fratelli, c'è alchimia del primo giorno”. 

Su Roberto Baggio:” E' molto legato all'Argentina, quando ci siamo conosciuti me ne ha parlato. Ho conosciuto una persona fantastica, al di là di quello che faceva in campo: è uno umile come pochi. Questa cosa ci ha uniti molto, il calcio ti dà questa opportunità. A Baggio non piacciono i riflettori, e io gli somiglio un po'. Io ho un ruolo diverso, ma se potessi scegliere farei parlare gli altri”. 

Sugli avversari più difficili da marcare:” Uno è Giggs, facevamo avanti e indietro sulla fascia sfidandoci in velocità. Ho avuto la fortuna di affrontare grandissimi campioni, una volta per esempio mi disse che avrei dovuto marcare a uomo Zidane, uno a cui difficilmente toglievi la palla. Cito anche il primo Kakà del Milan, è uno degli avversari che ti obbliga a rimanere sempre concentrato”.

Sui suoi due tecnici più importanti:” Sono Bielsa e Mourinho. Marcelo perché l'ho conosciuto in un momento importante della mia carriera, in nazionale, ci ha trasmesso lo spirito del calcio che sogni da bambino. Noi sapevamo benissimo che rappresentare il nostro Paese è la cosa più bella; lui mi ha dato tanti insegnamenti anche fuori dal campo”.

Su Messi:”Io non riesco a capire come in Argentina possiamo criticare uno come Messi, io sono tra quelli che lo difendono. Dobbiamo essere contenti che ci rappresenti uno così, basta guardare i suoi numeri straordinari. C'è questo paragone con Diego che è stato un grande: perché dovrei scegliere? Lio è un grandissimo anche se non vince il Mondiale”. 

Sul coro più bello ricevuto:” “Un capitano, c'è solo un capitano'. Oppure 'Fra i nerazzurri c'è un giocatore che….” I tifosi interisti sono fantastici, anche questo è un legame che durerà per sempre. Me l'hanno fatto sentire sin dal primo giorno quando ero uno sconosciuto e questo non lo dimenticherò mai”. 

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