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Festa scudetto e contagi: tra previsioni sbagliate e voglia di normalità

Alla fine, e per fortuna, le previsioni in merito alla crescita dei contagi dopo la festa scudetto dei tifosi dell’Inter in piazza del Duomo a Milano non si sono realizzate. In tanti esperti avevano previsto un’enorme crescita dei casi di Covid-19, visti gli assembramenti che tante immagini hanno testimoniato, nei successivi quindici giorni, colpevolizzando, da un lato, le 40000 persone (30000 nel centro di Milano e 10000 in piazza Duomo) che avevano deciso di festeggiare, e dall’altro le istituzioni che non avevano tenuto un argine a tutto ciò. Ma come detto, non si è avuto nulla di tutto ciò. La spiegazione al fatto che i festeggiamenti non avrebbero portato al focolaio che ci si attendeva è stata attribuita al fatto che, ovviamente, stare in luoghi aperti permette una maggiore controllabilità del virus, rispetto a quando si sta in un luogo chiuso, oltre al successo della campagna vaccinale – ed uno dei maggiori sostenitori di questa teoria era stato il professor Galli, responsabile del reparto malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, proprio all’indomani dei festeggiamenti.

Tutto è bene quel che finisce bene, insomma. Ma adesso? Domenica 23, dopo la fine della gara casalinga contro l’Udinese che sancirà la definitiva vittoria dello scudetto con la coppa alzata al cielo, verrà organizzata un’altra festa scudetto da parte dei tifosi nerazzurri. Che fare allora? Come visto, cercare di colpevolizzare a destra e a manca, non soltanto non ha portato a nessun risultato in termini di timore dei tifosi, ma nemmeno – e, ripeto ancora, per fortuna – in termini di contagi. Non era il caso di smorzare e giudicare male una gioia sportiva che mancava da dieci anni, soprattutto in un periodo molto complesso per tutti, in cui la lunga permanenza chiusi in casa ha creato, con il passare dei giorni, dei forti disagi per tutti sotto tanti aspetti. Smorzare o eliminare un sentimento come quello provato da parte di tanti tifosi non solo non è utile, ma può essere addirittura dannoso. Questo, di certo, non vuol dire nemmeno che chi va per strada a festeggiare possa fare ciò che vuole. Ci troviamo ancora dentro ad una pandemia globale e lentamente ne stiamo uscendo fuori, ma non è ancora finita e la cautela non deve essere mai troppa. Ma la cautela non può nemmeno essere trasformata in terrore. Per questo, con i dovuti accorgimenti e con le giuste misure, è giusto festeggiare e dare vita ad un sentimento autentico di liberazione che possa dare anche un segnale di ritorno alla normalità.

Normalità, per l’appunto, la stessa che si cercherà di raggiungere, con i dovuti tempi e modi, anche per quanto riguarda l’ingresso negli stadi per il pubblico durante gli europei. Non solo, ma sarebbe di buon auspicio che ci sia un’apertura degli stadi per la prossima stagione con il 50 per cento degli ingressi – e le ultime indiscrezioni parlano di un’apertura in tal senso a partire dal mese di agosto. La ricetta per tornare alla vita di tutti i giorni non è fatta di terrore, ma di ottimismo e giusta dose di cautela. Ci aspetta una lenta ripresa sotto ogni campo e bisogna guardare con ottimismo al futuro. A partire dal calcio, da sempre termometro del sentimento popolare autentico, e dal suo modo di essere aggregante e partecipato.

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