Frank De Boer e la rivoluzione mancata. Storie di un’Inter fumosa

di Raffaele Garinella, pubblicato il: 11/03/2021

Benvenuti alla rivoluzione – Con queste parole Gary Busey brindava all’ammutinamento della corazzata USS Missouri. La pellicola “Trappola in alto mare” avrebbe visto Steven Seagal sventare ogni minaccia e ricondurre la nave in acque calme e sicure. Un’altra rivoluzione – altrettanto fumosa – ha visto come protagonista Franck De Boer nelle vesti di allenatore dell’Inter. Purtroppo per i tifosi nerazzurri nessuno – da Pioli a Vecchi – è riuscito col tempo a raddrizzare la stagione. 

Si cambia – C’è fermento a Milano. La società viene rilevata da Suning che pone fine all’epoca poco produttiva – in termini di risultati – targata Erick Thoir. Anche la panchina nerazzurra cambia padrone. Roberto Mancini si separa dall'Inter per la seconda volta, dopo un'avventura durata appena venti mesi. Una telenovela che si conclude nell'agosto del 2016. Come nuovo allenatore viene scelto Frank De Boer. Un rivoluzionario, almeno così credono in Olanda, dove ha condotto l'Ajax ai fasti d'un tempo. Quattro campionati ed una supercoppa in bacheca. Frutto di un calcio totale dove allo champagne si abbina pressing costante. Sono questi i motivi che spingono Suning a pensare che sia Frank De Boer l'uomo giusto per la nuova Inter, il Messìa della panchina nerazzurra lungo la via del successo.

“Il nostro obiettivo è quello di provare a dominare l'avversario. Sono qui per vincere. Questa squadra può seguire la mia filosofia di gioco”. 

Parole, soltanto parole – Le prime parole di Frank De Boer da allenatore dell'Inter esaltano la piazza. Frasi che lasciano presagire un futuro roseo, luminoso, costellato di successi. Il campo – supremo giudice – si esporrà diversamente. Alla prima giornata l'Inter capitombola nella fatal Verona, schiacciata da un Chievo pronto a decollare sulle ali di uno scatenato Birsa, autore di una doppietta. De Boer accantona il 3-4-1-2, modulo d'esordio, per nulla produttivo, e registra la squadra dapprima puntando sul 4-3-3, poi passando più stabilmente al 4-2-3-1

Il pareggio casalingo contro il Palermo e la vittoria di Pescara ottenuta all'ultimo tuffo lasciano ben sperare in vista del big match della quarta giornata di campionato contro i campioni d'Italia – passati e futuri – della Juventus. Neanche le brutte figure in Europa scoraggiano De Boer che contro i bianconeri punta al colpo grosso.

18 settembre 2016 – In uno stadio di San Siro gremito e pronto ad esaltare la squadra, è l'Inter a fare la partita. Medel e João Mario proteggono la difesa, col portoghese superlativo nel dettare i tempi di gioco. CandrevaBanega ed Edér supportano Mauro Icardi. La Juventus si chiude affidandosi alle ripartenze, caro e vecchio contropiede di una volta. Dopo aver rischiato in più di un'occasione la Vecchia Signora trova il vantaggio con Lichtsteiner, bravo nell'unico tiro in porta degli ospiti in sessantasei minuti. Allegri non ha neanche il tempo di festeggiare perché Mauro Icardi dopo soli due minuti realizza l’1-1. Il suo colpo di testa non lascia spazio a Gigi Buffon. Passano altri dieci minuti e l'Inter completa la rimonta. Ancora un colpo di testa vincente, questa volta griffato Ivan Perisic. È 2-1 per l'Inter, ed il punteggio non cambierà più. L'impressione è che l'Inter sia finalmente diventata squadra. La cura di ogni dettaglio è meticolosa, quasi maniacale. Ma è solo un'illusione, una delle tante di una stagione sfortunata. De Boer non riuscirà a comprendere a pieno le complessità del calcio italiano, né la serie A sarà clemente col profeta olandese.

La rivoluzione può aspettare – Aveva ragione Martin Luther King, una rivoluzione rappresenta il linguaggio di chi non viene ascoltato. De Boer subisce l'esonero dopo la sconfitta contro la Sampdoria. Si congeda con un magro bottino. Solo quattordici punti in undici gare con cinque sconfitte, due pareggi e quattro vittorie. Avremmo voluto, avremmo dovuto, avremmo potuto. Le parole più dolorose del linguaggio, non solo di Jonathan Cole, ma anche di Frank De Boer, l'allenatore a cui non fu concesso il tempo necessario per fare la rivoluzione. Un calcio ricco di idee, ma fumoso – almeno in nerazzurro – nella pratica.


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