Murales Inter, lasciarlo così sarà la punizione più forte per “il branco”

di Mario Spolverini, pubblicato il: 22/03/2018

Indice dei contenuti

1 Murales Inter: il branco senza un domani2 Un mondo triste e buio2.1 Un palcoscenico negato2.2 Si lasci così il muralesMurales Inter: il branco senza un domani

Murales Inter: Ci pare di vederlo il branco. In un giardinetto milanese o in un bar di periferia programmare l’assalto al murales dell’Inter. “Tu porta la scala, tu compra le bombolette, tu starai a fare il palo…”. Il capetto che finalmente si sente qualcuno, si sente importante, in procinto di guidare il suo manipolo all’impresa che farà scalpore e che laverà l’onta.

Potrebbero essere ragazzotti dell’età dei nostri figli. Giovani persi nel mare dei social in cui se non hai milioni di followers non sei nessuno, invisibili agli occhi di tutti, sbandati oppure figli di famiglie facoltose, non ha importanza. E ancor meno importanza ha se siano tifosi milanisti o di altre squadre.
Non è la “parte” da cui proviene l’offesa al murales che rileva. E’ l’acqua putrida in cui nuotano queste papere che deve far riflettere.

Un mondo triste e buio

Un mondo tutto loro, nel quale non esiste l’altro, non esiste il diverso, non esiste il bello.
In questo mondo buio e triste, il capetto ed i suoi emuli soffrono e invidiano. Soffrono la mancanza di una ribalta qualsiasi, soffrono per non riuscire ad emergere, mai ed in niente, soffrono una solitudine condivisa con gli altri come loro. Tutto ciò che non abita nella loro perversa nullità diventa un elemento di invidia, dunque di rabbia sociale, un nemico da abbattere.

Il murales nerazzurro non è stato oltraggiato solo perché celebra l’immagine di una squadra avversaria, odiata. E’ stato offeso anche perché fotografa in dimensione enorme la storia di un successo, di un club e con esso di una città e della sua gente. Anche il successo di un qualcuno o qualcosa che non siano loro o il loro mondo di riferimento  ha acceso l’odio e scatenato l’ira del manipolo. E’ la rivolta contro il bello, perché il loro mondo non concepisce questo senso estetico.

Un palcoscenico negato

La loro opera oggi li fa sentire ancora peggio. Se ieri avevano addosso fiumi di adrenalina per il grande evento da mandare in scena, oggi se da un lato possono andare malinconicamente fieri del risultato, dall’altro patiscono ancora di più nel non poter dire “siamo stati noi”. L’unica cosa che poteva dargli un momento di notorietà, forse l’unico atto “grande” della loro vita si rivolge contro di loro, costringendoli a nascondersi come ratti nelle fogne.

Il murales era stato celebrato l’altro ieri e ieri, sui giornali, alle TV in Italia e all’estero. Ma l’effetto novità era destinato fatalmente a spengersi dopo qualche giorno, restando quell’opera un simbolo, amato dai tifosi nerazzurri, apprezzato da qualche cittadino milanese, ma forse poco di più. Con il loro “golpe” sono riusciti a dare ancor più visibilità all’opera, sono riusciti a farne parlare ancora da tutti e dovunque. Nel mondo interista ed in quello delle altre squadre, la reazione ad un fatto così stupidamente infantile ha segnato l’isolamento completo di chi vive la sua vita e la sua passione sportiva in questi termini così derelitti.

Si lasci così il murales

Non sappiamo se l’opera del manipolo possa configurare un reato nè se le forze dell’ordine stiano facendo indagini per trovare gli autori. Non sappiamo se per la legge meritino punizioni. Per noi la loro giusta paga è la nostra pietà sdegnata e la compassione per i loro genitori. Magari, quali parti lese, potremmo chiedere al giudice la pena alternativa di far fare loro un giro di campo a San Siro in occasione in turno casalingo dei nerazzurri.

E si lasci il murales così come l’hanno “ritoccato” con il loro odio. Quei punti e quelle strisce rosse che richiamano i fori delle pallottole e le lacrime del dolore umano potranno testimoniare da oggi per il futuro quali vette impensabili possa toccare la stupidità dell’uomo. Gli occhi dei tifosi nerazzurri sapranno guardare quell’immagine e vederla comunque priva dei segni dell’odio, a memoria delle nostre vittorie. E poi con quel rosso oltraggioso sui nostri campioni potremo ricordare a noi stessi e a tutti quanto sia limpida la nostra stella, quanto sia invidiata la nostra storia. E quanto quella vernice abbia inzozzato le vite di chi ci vuol male.


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