(ESCLUSIVA ID) Gianfelice Facchetti : “E’ il calcio dello show business, ma ci sono segni di speranza”

di Matteo Gardelli, pubblicato il: 20/06/2017

Una chiacchierata con Gianfelice Facchetti è una di quelle poche cose che riconcilia con il “calcio dei romantici”.

«Questo è il calcio delle plusvalenze, un calcio che sembra seguire più le regole dello show business che dello sport, ma basta dargli la giusta importanza e non si rimane delusi» è una delle tante riflessioni che ha concesso, in esclusiva, a InterDipendenza.

Facchetti, che dal grande papà Giacinto ha imparato lo “stare al mondo” con eleganza ed educazione, fra le righe commenta più di un recente fatto di “cronaca”. Ma Facchetti non ha bisogno di frasi da titoloni, nei suoi concetti c’è la logica: merce rara, ormai. E merce più preziosa di qualche “sparata” ad effetto.

Non ci credete? Arrivate al passaggio su Pinamonti, ad esempio. Non ha problemi, poi, a individuare il peccato originale della scorsa, disastrosa stagione così come non ha dubbi: «Mi fido di quello che farà la società dai primi giorni di luglio, quando saremo fuori dal FairPlay finanziario».

Infine da tifoso interista ha un sogno: vedere un giovane italiano di prospettiva vestire la casacca nerazzurra. I profili? Li individua senza problemi: uno fra Federico Bernardeschi e Domenico Berardi.

L’Intervista a Gianfelice Facchetti

In questi giorni si è consumato il “caso” di Gigio Donnarumma: prima è arrivata la scelta del ragazzo di non rinnovare con il Milan, poi la dura contestazione durante l’esordio dell’Italia under 21 agli Europei. Nei mesi scorsi si sono ascoltate frasi che non si sarebbero mai volute udire, come quella di Danilo D’Ambrosio: «Abbiamo mollato dopo il Torino…». Le piace ancora questo calcio?

«Questo sport non smetterà mai di piacermi. L’importante è non dargli più peso di quanto ne ha. E’ diventato un giro di profitto, un giro che sembra rispondere più alle idee dello show business che dello sport in sé. La ricchezza gliela danno le televisioni, quindi diventa più facile, magari per lo spettacolo, ammainare qualche bandiera in più. D’altronde come tutti i business ha un mercato e come tutti i mercati ha operazioni più o meno giustificabili. Ripeto: non bisogna dargli più aspettative del dovuto, altrimenti si rischia di rimanere delusi. Forse i valori del calcio di una volta li possiamo ritrovare nei dilettanti, in quei campi che sono lontani dai riflettori. Ogni tanto, però, appare qualche segno di speranza»

Un segno di speranza può essere Pinamonti? Un tifoso dell’Inter prima ancora che l’attaccante della Primavera campione d’Italia. Un ragazzo che, quando è entrato a San Siro, si è battuto la mano sul petto e poi, quando è stato il momento, ha firmato il rinnovo.

«Ecco. Ci sono sempre storie positive, come lo è questa. Mi ha dato l’impressione di un giovane con la testa sulle spalle, un giovane con le idee chiare che è stato protetto e ben consigliato dai suoi genitori. Questi sono tutti elementi molto importanti nella crescita professionale, ma soprattutto umana. Perché poi ti portano, come lo è stato lui, ad essere riconoscente nei confronti della squadra che ti ha lanciato nel calcio che conta. Purtroppo non tutti sono uguali e non tutti ragionano così…»

Come giudica la scelta di Spalletti come nuovo allenatore dell’Inter?

«Positivamente. Un allenatore per avere successo ha però bisogno anche di tanti aspetti che siano all’altezza: penso a una rosa competitiva, a giocatori all’altezza, a figure forti dentro e fuori lo spogliatoio. A figure dirigenziali che lo tutelino, magari, quando le cose non vanno bene, quando i risultati possono stentare ad arrivare. Poi, lo Spalletti tecnico è un tecnico molto preparato: ha vinto poco in Italia, è vero, ma ha portato la Roma a livelli altissimi. Nell’ultimo anno ha gestito, infine, l’addio al calcio di Francesco Totti: penso sia stato più difficile affrontare quest’aspetto, visto chi è e cosa rappresenta Totti, piuttosto che vincere uno Scudetto».

Lei ha detto: “Servono figure forti fuori dallo spogliatoio”. Cosa ne pensa di Walter Sabatini?

«E’ un uomo di campo, ha esperienza, è pragmatico. E, in certi aspetti, è ancora onirico. Sa benissimo che questo è il calcio dei soldi, il calcio delle plusvalenze, ma nonostante questo nel suo calcio c’è ancora spazio per i sogni. E chi ha sogni, può stupire. Sabatini, il passato alla Roma ce lo ricorda bene, è un grande scopritore di talenti».

Sabatini e Spalletti sono dunque gli uomini chiamati a far dimenticare la passata stagione…

«E’ stato un anno di transizione, un anno in cui sono state fatte scelte azzardate. Il mercato, ad esempio, è stato poco ponderato: mi è sembrato esser frutto di suggestioni esterne, figlie magari di qualche consulente, piuttosto che qualcosa di… ponderato, appunto. Inevitabilmente, i problemi sono iniziati quando Mancini ha mollato. Da lì è stata poi una cascata. E’ arrivato un tecnico che non aveva scelto quei giocatori, ad esempio»

In quest’inizio di calciomercato come giudica l’operato di Suning?

«A me non dispiace il profilo basso che, invece, si sta tenendo in queste settimane. Siamo tutti consapevoli che, prima, l’Inter deve “tirarsi fuori” dal FairPlay finanziario. E credo che, sotto traccia, si stia già ragionando su profili giusti. Ripeto: non mi dispiace. Non mi piace quando il calciomercato viene fatto sui giornali. Quindi: aspettiamo fiduciosi i primi giorni di luglio, sono certo che vedremo cose belle e cose sensate soprattutto».

L’ultima domanda è rivolta al tifoso Gianfelice Facchetti. Come tutti avrà un sogno nel cassetto. Chi le piacerebbe vedere, l’anno prossimo, con la maglia dell’Inter?

«Qualche giovane italiano dal profilo interessante: penso ad esempio a Bernardeschi o Berardi. Loro sono quel profilo che potrebbero fare davvero al caso nostro. Ma ripeto: ho fiducia in quello che farà questa società».


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