Lukaku: Suning sposta gli equilibri, Marotta rottama Paratici

di Mario Spolverini, pubblicato il: 08/08/2019

Certe notti, come dice Ligabue grande tifoso nerazzurro, sono quel vizio che nessuno vuole perdere, quello di sentirsi sopra a tutti e a tutto. Da quanto tempo i tifosi nerazzurri aspettavano serate come queste , in cui riveder le stelle non è solo uno slogan o uno sguardo carico di speranze lanciato al cielo ma la sensazione tangibile che finalmente, dopo tanto tempo, i padroni delle stelle siamo tornati ad essere proprio noi interisti.

Un  derby d’Italia con la Juventus lungo 10 giorni, vissuto con lo sguardo fisso alle news sul cellulare con la paura che quelli lì anche questa volta  avrebbero trovato il  modo di fregarci. Non hanno avuto Orsato dalla loro  stavolta, ed il risultato parla chiaro, stavolta è stata l’Inter a guidare il gioco, ad andare anche sotto ad un certo punto, ma con la consapevolezza che il risultato non fosse già scritto.

Se c’è un momento in cui “Inter is coming” inizia ad avere un senso è proprio questo, atteso con frenesia da tutti i tifosi dopo anni di vacche magre imposte dall’Uefa. Questo era il freno inibitore, anche se molti preferivano inveire contro il braccino di Suning. Oggi che il muro del FFP è caduto, nessuno si aspetti da Zio Zhang investimenti illogici ed esclusivamente mediatici  ma nessuno pensi a lui come uno sprovveduto spilorcio e ignorante delle dinamiche che regnano nel mondo di squali del calcio. Colpiti ed affondati i @Suningout  con un colpo solo, sparato per portare a casa un top player dalla Premier da cui non arrivava nessuno di questa levatura da decenni, sparato senza dover vendere Icardi né nessun altro protagonista della prima squadra.

Uno scontro feroce non solo tra Inter e Juventus ma soprattutto tra Marotta e Paratici,  con l’allievo tronfio del proprio potere economico-contrattuale,  manifestato nel momento in cui ha messo sul piatto il talento di Dybala e magari anche la rude concretezza di Mandzukic ma con due  punti deboli che il vecchio maestro conosceva bene.

Dapprima la voglia di Paratici di umiliare Marotta, giocando a viso aperto su un terreno che il suo ex capo aveva coltivato, seminato per anni, raccogliendo sempre frutti di altissima qualità grazie alle indubbie capacità di saper prevedere le mosse dell’avversario di turno e regolare di conseguenza le proprie. Difficile pensare che nei giorni più caldi dello scontro  Marotta non abbia telefonato al suo pupillo Dybala, già reso vulnerabile dalla mancanza di fiducia totale dimostratagli da Maurizio Sarri. Un contatto  per rassicurarlo che un posto da star assoluta  in un club blasonato pronto a disputare la Champions per uno del suo talento non mancherà mai. Se poi Marotta gli abbia pure confidato che questo club ha la maglia nerazzurra e che tutto questo serviva anche nell’ottica di togliersi di mezzo Icardi non è dato sapere.

Il secondo punto debole di Paratici è il bilancio della Juventus, la necessità del club di portare a casa sostanziose plusvalenze per non compromettere definitivamente gli equilibri contabili già pesantemente stressati dall’acquisti di Ronaldo e per non entrare nel mirino dell’UEFA  con la tagliola del FFP. La leggenda vuole che uno dei punti di attrito che ha portato Marotta a rompere con la Juventus sia stato proprio questo, dunque solo un ingenuo poteva pensare che non lo avrebbe trasformato in uno dei suoi punti di forza, la sua arma più letale nello scontro con l’ex delfino.  Quell’arma che gli permetterà ora di attendere con relativa tranquillità il corso degli eventi nei prossimi giorni. dedicandosi a vendere le eccedenze della rosa nerazzurra, con un occhio sempre al telefonino, in attesa di una chiamata con il prefisso 011. Quando quella chiamata dovesse arrivare, con la Juventus a chiedere proprio a lui lo scambio tra Dybala e Icardi, il successo del suo piano sarà completo  e altrettanto totale sarà la disfatta di del suo successore.

Paratici e la Juventus escono dalla sfida con le ossa rotte, e con un fardello pesante sulle spalle, quello di Dybala separato in casa o meglio “fuori dal progetto” come va di moda dire da qualche tempo. Non ha Wanda Nara ma agli effetti pratici conta poco, la sua situazione è simile a quella di Icardi. Anzi, forse peggiore, perché se l’ex capitano se ne andrà anche (ma non solo) per colpe sue, Dybala dovrà essere sacrificato sull’altare delle plusvalenze come un Pinamonti qualunque. Con tanti saluti ai titolisti di prestigiose testate nazionali che fino a pochi messi fa sparavano in prima pagina i loro “Dybala, Messi chi?”

Poi saranno il campo ed il pallone a riprendere finalmente il sopravvento. Nel frattempo godiamoci queste notti, perché ce le siamo meritate.

Con un’unica raccomandazione, o meglio un auspicio, quello che l’entusiasmo di queste ore non siam solo un orgasmo precoce, figlio  del pur legittimo orgoglio per aver chiuso la bocca alla rivale di sempre ma che si prolunghi nei mesi a venire per le prestazioni di Lukaku. I suoi gol portano punti, l’autocompiacimento  no.


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