Un fantasma aleggia di nuovo su San Siro, un canto antico, tradito da chi si è sciacquato la bocca con le novità portandone però per adesso più a parole che nei fatti. “Pazza Inter Amala” ha atteso il momento più delicato per vendicarsi. Quando tutto lasciava presagire una rincorsa difficile ma possibile alla coppia di testa con 8 partite più che abbordabili, stasera lo spettro dell’inno messo in cantina si è goduto Inter Sassuolo dal terzo anello. 90 minuti con il gesto dell’ombrello in bella vista, giusto per far capire chi comanda. Il caldo, gli impegni ravvicinati , una panchina non all’altezza sono scuse che possono andar bene a Sarri e Conte, non a chi ha sfidato territori ostili come il Camp Nou di Messi, Iniesta e Xavi, a chi ha un posto di diritto nella memoria nerazzurra per essere risuonata a Madrid all’inizio e alla fine della serata più magica di sempre..
Un pezzo di storia che si vendica a modo suo, perché la storia, anche nel calcio, non la si può mettere sotto il tappeto senza farci i conti. Chi ha pensato di spazzare un motivetto simbolico a favore di un altro (C’è solo l’Inter è forse più bello ed evocativo come inno) non lo ha fatto per puro piacere musicale. Quella decisione ha rappresentato la volontà di seppellire una fase storica lunga 111 anni con i suoi tratti umani e culturali di straordinaria importanza per chi li ha vissuti e condivisi. E’ stato un messaggio forte e in qualche misura arrogante, quasi a dire che quel che era stato fino a quel momento era un periodo da dimenticare, perché il vento del nuovo che avanza, fatto di managerialità e competenze sopraffine, avrebbe spazzato via ogni residuo di quell’Inter pasticciona in campo e fuori. Un messaggio che ha alimentato speranze concrete di tornare a vedere un’Inter forte e strutturata, dentro il rettangolo di gioco come in Viale della Liberazione, senza per questo pretendere di vincere subito e tutto, nella consapevolezza di un processo impegnativo e di medio periodo.
Il nuovo ad oggi lo si è visto di sicuro nei bilanci, negli sponsor, nelle nuove infrastrutture, nella volontà di costruire il nuovo stadio, tutti settori dove la voce di Steven Zhang e Suning la fanno da padrone. Poco di nuovo purtroppo si è visto invece in campo e nella gestione sportiva, laddove gli Zhang hanno delegato a persone degne della loro fiducia. Non c’è bisogno di addentrarsi nel commento tecnico di Inter Sassuolo, è stato sufficiente assistere con un qualche sgomento alla mentalità della squadra, pre e post lockdown.
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