Editoriale

Inter, la giornata perfetta

Vincere un trofeo è sempre bellissimo, vincerlo asfaltando il Milan ancora di più.

Partita studiata da Inzaghi come meglio non si poteva, squadra  ai limiti della perfezione per concentrazione, efficacia offensiva, capacità di disinnescare le azioni rossonere fin dalla fascia mediana del campo. Se si eccettua il tiro di Leao smanacciato oltre la traverso da Onana il Milan non è mai entrato pericolosamente nei 16 metri nerazzurri.

Gioco, partita, incontro e tutti a casa alè.

Pare persino inutile stare a discettare sul migliore in campo. Lo stesso Inzaghi?  Dzeko o Lautaro? Barella o Dimarco? E Calhanoglu dove lo mettiamo? E Darmian?

Steven Zhang diventa il quarto presidente per titoli conquistati, suona strano ma è così. Secondo posto, scudetto, secondo posto, 2 Supercoppe  e Coppa Italia. In più due volte agli ottavi di Champions e una finale di Europa League. Gli ultimi 4 anni di Inter dicono questo nonostante pandemie e scatafasci economici di Suning. Tutti aspettiamo o la soluzione di questi problemi o una nuova proprietà con agibilità economica ed è giusto così ma reggere la baracca in questi tempi, con queste problematiche e con questi risultati è semplice solo per chi critica h24 ma non sarebbe capace di gestire il condominio di casa sua.

E anche le coincidenze temporali contribuiscono a rendere tutto ancora più dolce.

Ci sono giorni in cui Andrea Agnelli saluta la Juventus parlando delle plurime inchieste che hanno coinvolto il club per mancanza di “competenze profondissime”.

Ci sono giorni in cui guru di tempi antichi come Arrigo Sacchi rimproverano l’Inter e la sua mentalità esaltando invece Pioli e la sua capacità di organizzare una squadra moderna.

Nello stesso giorno Dzeko esce dal campo arabo con la coppa in mano dicendo “quando si vince bisogna festeggiare e anche rispettare l’avversario, lo abbiamo fatto. Abbiamo festeggiato in maniera normale e giusta”.

Parole e giorni che ribadiscono che l’Inter è diversa da tutti gli altri. Non migliore, non superiore, diversa. E di ciò c’è solo da essere orgogliosi.

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