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Inter, Inzaghi demolisce la sindrome di Space Jam

Non ci nascondiamo. Sabato scorso siamo andati a San Siro o ci siamo messi davanti alla Tv con una paura sottile, strisciante, quella che andato via Conte l’Inter tornasse ad essere la squadra incerta e priva di personalità degli anni precedenti. Potremmo definirla la sindrome di Space Jam con l’ex mister nella parte del cattivo che ruba  talento e certezze non a Ewing, Barkley o Larry Johnson ma a Skriniar, Barella e compagnia giocante. Sarà che Inzaghi non ha visto il film della  Disney ma le cose sono andate in tutt’altra maniera.

Vero che la prima di campionato finalmente davanti ad un po’ di pubblico doveva essere onorata a dovere,  vero che il Genoa si è presentato in versione dimessa, vero che il gol di Skriniar ha messo la strada subito in discesa  ma la sensazione è che per ora il pericolo non esista, da questo punto di vista l’Inter di Simone Inzaghi ha ripreso laddove Antonio Conte l’aveva lasciata. Squadra solida nella testa, nelle convinzioni, nell’approccio ad una partita che molti (qualche interista compreso) aspettavano coi fucili puntati pronti a sparare a zero in caso di passo falso. Peccato, sono rimasti col cerino in mano,  in questa settimana post ferragosto per le cannonate pregasi puntare i mirini su Torino e dintorni.

Ad Inzaghi si chiedeva questo prima di tutto, di non riconsegnare ai tifosi ed al campionato l’Inter da montagne russe, quella che per anni ne ha regalate una calda ed una fredda. La partita con il Genoa ha detto che  l’Inter non ha disperso quanto assimilato negli ultimi due anni  nonostante la perdita di tre pezzi da 90.  Eriksen, Hakimi, e Lukaku erano stati luce, fionda e sciabola dell’Inter dello scudetto senza di loro il rischio di una involuzione era alle porte. Chi è arrivato al loro posto ha dimostrato di aver capito che testa e gambe devono correre di pari passo, unico modo per supplire alla potenza di fuoco persa nelle pieghe del mercato.

Da Dzeko c’era da aspettarselo, la sua esperienza e il suo talento non sono rimasti sotto il Cupolone, Calhanoglu invece ha sorpreso tutti, ha preso le chiavi della fase offensiva e le ha fatte girare nella serratura con maestria e continuità, senza neanche disdegnare diversi rientri nella zona bassa del centrocampo a dar mano a Brozovic nella ripartenza dell’azione. Quel che Luis Alberto faceva nella Lazio più bella di Inzaghi insomma e questo non può che indurre a piacevoli sensazioni per il futuro, soprattutto se il turco dimostrerà di aver lasciato alla cuginanza la discontinuità che lo ha sempre accompagnato nei suoi anni rossoneri. Per l’ultimo arrivato Dumfries ci sarà da attendere qualche giorno e qualche minuto in campo in più prima di giudicare.

Ovviamente niente da dare per scontato dopo i primi 90 minuti, attendere le conferme è d’obbligo già fin da venerdì a Verona e se nel frattempo il mercato regalerà qualcosa tanto di guadagnato. Tra pochi giorni arriverà anche il sorteggio di Champions, per non sbattere ancora una volta il muso sullo scoglio del girone serve qualcosa di più, specie là davanti. Marotta e Ausilio lo sanno, stanno lavorando per voi.

Un’ultima riflessione extra campo. Tornare a San Siro con un po’ di pubblico dopo tanto tempo è stato bellissimo, si sentiva nell’aria il profumo di voglia di esserci, di passione. Ha riscaldato il cuore ritrovare il piazzale davanti allo stadio pieno di umanità nerazzurra composta, mascherata, in fila  davanti ai tornelli per i controlli di documenti e green pass, ma comunque entusiasta di esserci, finalmente. Chi vi scrive è tornato a casa felice  per questo, per il successo e per aver conosciuto di persona in tribuna stampa Luigi Garlando, penna raffinata dell’Interismo più profondo.

Davvero una bella giornata.

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