Antonio Conte, o come bruciare una carriera ad altissimi livelli

di Gianfranco Rotondo, pubblicato il: 27/11/2020

In questi giorni di trambusto in casa Inter, in cui il tecnico nerazzurro Antonio Conte sembra aver perso la fiducia di tutto l’ambiente, e resiste in panchina soltanto grazie al suo enorme stipendio da 12 milioni di euro annui, riecheggia nelle orecchie di alcuni una dichiarazione di Sergio Ramos proprio in riferimento all’ipotesi che Conte potesse allenare il Real Madrid, il difensore spagnolo, diceva che “il rispetto va guadagnato”.

Queste parole risultavano essere tanto dure allora e lo sono anche adesso, ma sono indicative di una cosa: Antonio Conte ha, forse, bruciato la sua carriera ad altissimi livelli. Intendiamoci, l’Inter di adesso non è nemmeno paragonabile al livello di squadre come Real Madrid – e lo si è ben visto – o Bayern. E nemmeno della Juventus (anche se qualche passo in avanti è stato fatto). Proprio per questo la società ha chiamato Antonio Conte, per provare a far andare dei calciatori di buon livello, oltre quelle che erano le loro possibilità (e questa missione la scorsa stagione è stata raggiunta). Ma le continue dichiarazioni inerenti al mercato insoddisfacente che sono partite fin dal giorno della sua presentazione  e culminate con l’exploit del post-partita a Bergamo, contro l’Atalanta, della passata stagione, hanno dato un messaggio, al mondo esterno, che Antonio Conte è un allenatore inaffidabile in termini di aziendalismo. E questo, nel calcio moderno, conta eccome (si ricordi come andò via dalla Juventus e come si lasciò con il Chelsea, portando in tribunale il club).

Molti avranno notato, ultimamente, un Conte molto zen nelle interviste e nelle uscite. Ebbene, questa cosa è risultata essere molto strana, quasi stonata rispetto al Conte che eravamo abituati a vedere e che suggerisce una presa di coscienza della sua situazione ed un’operazione simpatia che, forse, è un po’ troppo tardiva. Oltre a questo ci si metta la cattiva gestione del gruppo. Conte non riesce a concepire di dover essere lui ad adattarsi ai calciatori e non il contrario, sempre nel rispetto delle regole dello spogliatoio. Se non riesci ad integrarti nei suoi moduli, allora sei fuori (leggere alla voce Eriksen).

Insomma, tra sfuriate, gestione assurda dei calciatori e tentativi falliti di apparire un Conte diverso, l’avventura all’Inter potrebbe essere ricordata come la definitiva perdita, per il leccese, del treno di panchine di primissimo piano.


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