Inter, il vice-presidente di InterSpac spiega: “Ecco perchè Zhang non apre a noi”

di Gianfranco Rotondo, pubblicato il: 23/03/2023

Inter, parla il vice-presidente di InterSpac. Da parecchi mesi si parla della possibilità del presidente Steven Zhang di cedere il suo pacchetto azionario vista la crisi debitoria che investito la società nerazzurra. E da parecchio tempo si parla anche di una possibilità di azionariato popolare, capeggiato da Cottarelli e che prende il nome di InterSpac. Proprio oggi, ai microfoni di Radio Nerazzurra, ha parlato il presidente di InterSpac, il giornalista RAI Roberto Zaccaria, che ha spiegato varie situazione e narrato alcuni aneddoti. Ecco le sue parole.

Sulla sua passione nerazzurra: “Ciascuno di noi ha una storia, la mia inizia nel luogo dove sono nato. Sono romagnolo e in molte aree del Paese non si tifa per la squadra capoluogo di regione, dalle mie parti si tifava o Inter o Juve. In quel periodo, tra Rimini e Cesena le squadre venivano ad allenarsi, non c’erano abitudini esotiche. Noi ragazzini giocavamo con loro in certi momenti, era per noi un’ubriacatura. Poi ho iniziato a seguire, sono del periodo del grande Angelillo. Ho consolidato nella vita e fatto qualcosa per la squadra quando ho potuto”.

Un aneddoto sulla sua fede interista: “Quando sono diventato presidente RAI ho chiamato Facchetti ed è venuto in viale Mazzini per fondare l’Inter Club Rai. Ho preferito caratterizzare la RAI per divisioni calcistiche e non politiche: ciascuno ha fatto il suo club ed era molto più divertente sfidarsi su questo. Poi ho conosciuto Moratti ed ho deciso di fare Inter Channel, nato sotto la mia presidenza. Raggiungemmo oltre 30 mila abbonati in sei mesi. Poi abbiamo fondato InterSpac insieme all’attuale amministratore delegato della Lega Luigi De Siervo, tutta roba molto piacevole”.

Sul perchè Zhang non ha aperto a InterSpac: “Le squadre di calcio sono imprese con una particolare responsabilità sociale, diversa dal cinema, televisione o teatro. Il pubblico negli altri casi testimonia un valore, ma nel calcio c’è qualcosa in più: conta anche il risultato. Inutile porsi il problema di riempire San Siro se l’Inter poi perde nove partite in un anno, i tifosi non sono soddisfatti. L’azionariato popolare non è un marchio di fabbrica solo per gli interisti, è un progetto Paese. Nel momento in cui le squadre sono diventate di proprietà di questi organismi internazionale, è fondamentale l’ancoraggio ai tifosi. Dovrebbero aprirci quelle principali. Non lo fanno forse per motivi legati al mercato cinese, che in qualche modo ha posto restrizioni. Sullo sfondo c’è un vincolo per il quale i cinesi non possono investire e pensano all’ipotesi della vendita. Non è una notizia sensazionale, lo leggiamo ogni tanto. Se lei deve vendere un condominio, non ne affitterebbe una parte a 300 mila tifosi, perché poi sarebbe più difficile venderla. Secondo me, l’atteggiamento psicologico è questo: non possono mettersi in casa troppa gente, perché poi avrebbero le mani legate sulla cessione. Il nostro modello guarda al Bayern e si basa su una cosa molto semplice: mettiamo che 300 mila persone decidano di entrare in questo progetto, in consiglio d’amministrazione però ne vanno 2. Se tu hai bisogno di prendere soldi da un fondo come Oaktree che te li dà con un certo tipo di interesse, non sarà più facile prendere questi soldi da un gruppo di tifosi che te li dà senza interessi e con una partecipazione al tuo capitale? L’unica spiegazione è quella che ho dato. Noi continueremo a bussare a quella porta, convinti che prima o poi si aprirà”.

Sulla possibilità di finire in mano ad un fondo: “I fondi hanno obiettivi di guadagno e anche a breve termine. La differenza è questa: forse in passato qualcuno comprava club anche per guadagnarci, ma i casi in cui siano riusciti sono molto pochi. Il guadagno è perlopiù sociale o politico. Come se si facesse della pubblicità, perché la squadra è grande veicolo. Allo stesso Moratti hanno offerto di fare il sindaco di Milano e lui non ha accettato. Noi dobbiamo muoverci con i soggetti che si muovono sul mercato, anche i fondi finiscono per avere un frontman. La presunzione nostra è poter dare al fondo, allo sponsor, un elemento di radicamento territoriale. Se un tempo l’Inter era Internazionale, di proprietà nazionale con vocazione internazionale, adesso è necessario invece l’aggancio con i tifosi. Il Bayern ha una struttura molto semplice nella sua complessità: tre grandi sponsor che sono la struttura economica molto solida. Il modo per dare personalità è la presenza dei tifosi, che devono essere un sano e solido complemento. Sono convinto che questo modello prima o poi sarà esportabile spero in tutto il calcio italiano, come è stato contagioso in Germania dove hanno fatto regole ad hoc. Vorremmo come Inter essere i primi. Ci sono tanti amici che vorrebbero entrare in questo piccolo treno che sta andando avanti, noi abbiamo fatto entrare tanti personaggi di spicco, soci illustri che per noi sono importantissimi. Mentana ad esempio è uno degli interisti più impegnati. Siamo un treno che viaggia a velocità molto ridotta, ma nel momento in cui potessimo entrare concretamente nell’Inter, dovremmo dare visibilità. Personaggi con una notorietà enorme la garantirebbero”.

Sull’eventualità di un nuovo stadio: “Mi piacerebbe che San Siro potesse essere ristrutturato. Noi siamo molto legati all’idea di San Siro, che non a caso si chiama Meazza. Tra i nostri soci c’è Boeri, che ci consiglia. Non farei uno stadio da 45 mila posti, visto che a vedere l’Inter vanno in 70 mila. Servirà un periodo transitorio, perché non sarebbe facile giocare e ristrutturare, ma sarebbe bellissimo. Sono abbastanza favorevole all’idea di ristrutturare San Siro, poi magari il Milan si farà il suo stadio altrove”.
Sull’andamento della squadra: “Mi soddisfa a metà. Posso tollerare che la squadra perda 3, 4, 5 partite, ma senza il polmone della Champions League saremmo estremamente delusi. Non sono convinto che abbia quella capacità e grinta di prendere la squadra in mano, soprattutto sulle partite come quella con la Juventus. Siamo doppiamente feriti dopo quella partita. Non posso essere entusiasta. Una grande squadra non cambia allenatori durante il campionato, però se non raggiungessimo la qualificazione in Champions League credo che dovremo fare una riflessione sulla guida della squadra. Inzaghi è stimabile, ma per l’Inter serve una marcia in più. Non basta la quinta, serve la sesta”.

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