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Inter, quel 5 maggio non doveva esistere, una storia da riscrivere

Tutto nasce il 5 maggio. La “meravigliosa capriola della vita” con cui Michele Serra descrive l’essenza dell’Inter e dei suoi tifosi, la florida letteratura sulle stoiche capacità del popolo nerazzurro di reggere gli umori della Pazza Inter, l’istinto autolesionistico più o meno consapevole che ha accompagnato anni di dibattiti sul mondo interista. Il tutto ricostruito ed analizzato nell’opera omnia di Beppe Severgnini che ha appassionato molti in questi ultimi anni.

Non sono un amante  dell’interismo teorizzato dal Vice Direttore del Corriere della Sera,   la sua narrazione fiabesco-letteraria del masochismo nerazzurro  incentrata sul dramma dell’Olimpico del 2002 avrebbe mandato su tutte le furie Peppino Prisco. Giustamente a mio avviso, per l’avvocato non c’era spazio per l’autoflagellazione, nessuna debolezza era ammessa, si sorride degli altri, mai dell’Inter perché l’Inter è troppo importante per farla diventare oggetto di scherno.

La rappresentazione di Severgnini di un popolo sempre in lotta contro un fato malevolo e contro sé stesso può risultare attraente ma parte da un’origine sbagliata. Il destino quell’anno si accanì contro i nerazzurri privandoli per lunghissimi mesi di Ronaldo, Vieri e Michele Serena. Kallon e Ventola si dettero da fare ma la qualità era ben diversa, Gresko non giocò per scelta, Gresko dovette giocare per forza.

Ma checchè se ne pensi, la spinta decisiva per la capriola dell’Inter non la dette il fato ma un uomo in carne ed ossa. Il 5 maggio 2002 non sarebbe esistito se l’Inter avesse avuto quanto le spettava 15 giorni prima a Verona con il Chievo. Il rigore su Ronaldo era enorme, solare, l’unico a non vederlo fu l’arbitro De Santis, 4 anni dopo si sarebbe capito il motivo della clamorosa disattenzione.

La fatalità  ci ha messo lo zampino solo per restituire all’Inter nello stesso giorno e sullo stesso terreno ciò che gli uomini gli avevano sottratto, per placare una richiesta di giustizia mai così fondata in ambito sportivo, per punire coloro che avevano sorriso su quel dramma umano. Chi stappò spumanti e champagne mentre Cuper e Ronaldo naufragavano nel sole di Roma soffre ancora i travasi di bile indotti dal lampo del Principe Milito sullo stesso manto erboso 8 anni dopo,  annuncio del flagello che li avrebbe travolti da lì a 17 giorni e che avrebbe aperto una piaga ancora aperta sulla pelle di tanti.

Senza il 5 maggio 2002 la storia dell’Inter e dell’interismo sarebbe stata altro. Il ricordo di quella domenica continuerà a vivere nei ricordi di tutti ma per favore, quando vi chiedono quale partita vorreste rigiocare smettetela di dire quella del 5 maggio all’Olimpico. La partita che sarebbe da rigiocare veramente è quella con il Chievo. Capito Beppe?

PS: Avvisi per i naviganti

Avviso nr.1) Riservato ai più giovani: non vi dolete troppo del 5 maggio 2002, c’è stato di peggio. Chi ha vissuto la prima settimana del giugno 1967 può darvene testimonianza, uno scudetto ed una Coppa Campioni salutati per un papera di Sarti e per il volere del cielo, lì si, che privò l'Inter di Jair e Suarez nella finale di Lisbona. Non c’erano i social ma c’ero già io, pur giovanissimo. Vi assicuro che al confronto il 5 maggio è stata una quasi una passeggiata di salute…

Avviso nr.2) Riservato a chi trovasse la riflessione “complottista”: andate a rivedere il commento di Arrigo Sacchi la sera stessa del 5 maggio 2002 su quanto avvenuto in quelle settimane (https://twitter.com/pisto_gol/status/1257617845673918464)

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