(ID) Edoardo Bianchi: “Mi emoziono ogni volta che la rivedo e penso…”

di Luca Leoni, pubblicato il: 04/04/2019

 

EDOARDO BIANCHI – Forse il nome non vi dice nulla, ma il suo volto coperto di lacrime, in quell’ormai lontana notte spagnola del 22 maggio 2010 potrebbe far affiorare fortissime sensazioni. Edoardo, all’epoca aveva 23 anni, ha fatto emozionare e commuovere milioni di tifosi interisti. E’ il brand manifesto del tifo nerazzurro, in lui è racchiusa l’essenza dell’interismo. Ogni tifoso si è rivisto in lui, e solo un supporter nerazzurro puo’ sapere cosa si prova.

Un’esplosione di gioia, il coronamento di un obiettivo che sembrava sempre più irraggiungibile, lontano. Solo chi conosce ed ha vissuto la storia di questa pazza squadra sa e puo’ comprendere al meglio cosa ha dovuto subire e passare. Un tifo genuino, un pianto che viene dal cuore, una sorta di liberazione per uno sforzo emotivo durato tantissimi anni. Il triplice fischio di Webb, quella sera, è stata una vera e propria liberazione, l’ansia e la paura hanno smesso di esistere, mettendosi a ballare sulle note di “Viva la Vida”, festeggiando insieme ad un popolo in estasi.

Edoardo Bianchi ora è cresciuto, è una persona molto umile e disponibile, segue un’agenzia d’assicurazioni e conduce una vita normale, conscio del fatto di essere un’icona del mondo a tinte nerazzurre. Noi di Interdipendenza.net lo abbiamo intervistato in esclusiva, chiedendo di raccontaci la sua magica esperienza.

La storia del suo arrivo a Madrid per vedere la finale

“Sono nato in una famiglia interista al massimo. Sono abbonato tutt’ora. Ho iniziato a 4 anni, all’epoca andavo con mio padre, un suo amico e suo nipote. Dividevo il seggiolino con l’altro bambino. Non potendo entrare gratis ho iniziato ad abbonarmi. Sempre stato abbonato. Anche se giocando a calcio a volte mi risultava difficile seguire la squadra, questo non mi ha mai fermato.

Per prendere il biglietto della finale di Madrid ho fatto 22 ore di coda in via Massaua, abbiamo dormito sui marciapiedi e la mattina seguente siamo riusciti a prendere il ticket. Mi trovavo nell’anello più basso subito sopra la porta. La mia storica immagine mentre piango è stata ripresa mentre scendevo verso la porta. Il viaggio è stato faticosissimo, siamo partiti con un ducato tappezzato di cimeli e bandiere, noi avevamo la maglia di Mourinho con le manette, il tutto è durato 16 ore. Ma ne è valsa la pena. E’ stata un’esperienza incredibile”.

Dopo quell’attimo di celebrità, è cambiato qualcosa nella sua vita?

“I momenti successivi sono stati pieni di richieste di amicizie su Facebook. Mi continuavano a chiedere  pareri e giudizi. Ero diventato un opinionista. Quando si avvicina la data del 22 maggio la gente inizia a chiamarmi. Ancora oggi mi scrivono da tutte le parti del mondo, mi dicono che sono un grande ecc. Se fosse successo in questo periodo, molto più social sarebbe, stato diverso. Io non ci ho voluto giocare sopra, avrei potuto portarla avanti in maniera diversa, mi ha fatto piacere sfruttarlo così”.

Quando rivede la partita e di conseguenza la sua reazione, cosa prova?

“Quando mi rivedo mi viene la pelle d’oca, una cosa pazzesca. Mi emoziono tantissimo quando sento il ritornello di “Viva La Vida” dei Coldplay. E’ stata messa all’intervallo della finale e mi è rimasta impressa. Ogni volta che rivedo l’immagine dico va che deficiente (ride ndr), ma mi emoziono tantissimo. Io credo che da fuori possano sembrare reazioni assurde, ma chi vice il calcio e vive di questa passione ed ha vissuto certe emozioni, le sente particolarmente”.

Un aneddoto particolare che le è rimasto impresso?

“Con la stessa compagnia della Finale di Madrid sono andato a vedere la Supercoppa a Monaco contro l’Atletico Madrid. prima di entrare allo stadio, un ragazzino (ricordo ancora il suo nome, dato che mi ha aggiunto subito su Facebook), in compagnia del padre, ha incominciato ad urlare in mezzo alla gente:”è lui, è lui, sei il mio idolo”, mentre io lo guardavo sbalordito. Abbiamo fatto una foto insieme, da quel momento tutta la gente ha voluto uno scatto insieme a me. A volte ancora a San Siro me lo chiedono. Diciamo che è piacevole”.

Era stato avvisato in qualche modo che sarebbe stato sull’immagine della campagna abbonamenti?

“No, stavo guardando il giornale ed ero intento a capirne il senso, solo dopo mi sono accorto che il ragazzo con la fotocamera ero proprio io. Ho messo un po’ per capire. Il messaggio è ricostruito davvero bene. Subito dopo sono iniziate ad arrivarmi immagini e foto da amici e parenti. Un onore ed una bella sensazione”.


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