Urge un elettroshock : dirigenza, proprietà , se ci siete battete un colpo

di Mario Spolverini, pubblicato il: 05/05/2019

L’Inter  vista a Udine non fa dormire sonni tranquilli, negarlo sarebbe estremamente pericoloso. Essere costretti a sperare nei risultati non positivi di Atalanta e Roma è uno scenario che dopo il derby nessuno immaginava. Si poteva pensare ad una tranquilla autosufficienza, nell’ottica della conquista del posto utili per la Champions, terzo o quarto non cambia niente, ma da ieri sera la sirena d’allarme suona ininterrottamente. Chi si era seduto su quel vantaggio presumendo di poterlo gestire tranquillamente ha responsabilità evidenti, allenatore in primis con diversi giocatori che lo seguono a ruota.

L’anno scorso l’Inter arrivò al traguardo del quarto posto con un miracolo che santificò una stagione difficile perché doveva essere la prima del nuovo corso ma il risultato fu raggiunto più con la fame che con la tecnica. Difficile dire che sia stato fatto un passo avanti rispetto a 12 mesi fa, anche se i quattro punti di vantaggio sulla Roma potrebbero farlo sembrare. Guardiamoci in faccia: se l’Inter gode ancora di questo minimo vantaggio è più per colpe altrui che per meriti propri.  La fame è scomparsa, il talento è quello che è, la personalità latita. Ma tant’è, il piccolo tesoretto c’è ancora, dissiparlo con altre prove sciagurate sarebbe il più grande suicidio nerazzurro dopo il 5 maggio 2002.

Chievo, Napoli ed Empoli potrebbero sembrare un cammino abbordabile per togliere di mezzo ogni dubbio ma un approccio simile sarebbe il primo errore ed anche il più grande che l’Inter potrebbe fare nei prossimi 20 giorni.

Spalletti e la squadra soffrono della stessa malattia, la rigidità: il mister nell’applicazione pedissequa di uno schema che, con gli interpreti a disposizione, dimostra domenica dopo domenica falle evidenti specie dal centrocampo in su.  Vulnus che si trasferisce agli undici in campo, attanagliati in un possesso palla eterno quanto sterile, privo di cambi di velocità e verticalizzazioni, alla ricerca del cross tanto più inutile se in mezzo all’area c’è Lautaro invece di Icardi.  I giocatori che devono adattarsi allo schema invece del contrario sembra un assurdità nel calcio moderno, eppure all’Inter funziona ancora così.

Chievo e Napoli non hanno più nulla da chiedere al campionato, quando incontreremo l’Empoli all’ultima di campionato probabilmente anche per i toscani il futuro sarà chiaro. Sembrano condizioni ottimali ma non lo sono, giocare a mente libera può essere pericolosissimo  per chi ha l’obbligo di fare punti a prescindere.

Dunque urge un elettroshock se si vuol salvare il salvabile da qui alla fine della stagione. Non tecnico evidentemente, perché  la rosa a disposizione non lo permette. L’unico adattamento è il 4-4-2 con Lautaro e Icardi insieme davanti ma occorre variare le geometrie dalla metà campo in su per farlo funzionare e Spalletti da questo orecchio pare sordo.

Sono la dirigenza e la proprietà che devono intervenire, rapidamente e con la massima decisione. Nessuno può sentirsi al riparo dalle responsabilità che gli competono e men che meno nessuno è autorizzato a sentirsi già in clima da rompete le righe, presumendo di non calcare più il campo o la panca di San Siro il prossimo anno.

E’ la dirigenza che deve far sentire forte la “voce del padrone” nei confronti dei propri stipendiati, la posta in ballo è troppo importante per restare silenti. Il concetto di responsabilità passa anche da prese di posizione come queste, checchè se ne pensi.

Steven Zhang   e Marotta  faranno bene a piantare le tende alla Pinetina nelle prossime settimane per far capire a chi va in campo e a chi li guida che non sono ammessi altre errori. E’ troppo chiedere questo?


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