L’Inter non ha bisogno di leader come questi

di Mario Spolverini, pubblicato il: 27/02/2019

 Perisic il nuovo leader dell’Inter, hanno scritto in tanti nelle ultime ore. Con Icardi out per scelta personale, lo spogliatoio sarebbe adesso dominato da colui che, secondo le indiscrezioni, sarebbe stato l’artefice della rivolta. Uno schema a nostro avviso semplicistico, che colpisce l’opinione pubblica ma riduce un problema complesso ad una contesa aspra tra primedonne volubili. Partiamo da una domanda: chi può essere definito leader? Quali caratteristiche deve avere un leader? In ogni organizzazione sociale complessa la leadership integra diverse caratteristiche, la responsabilità, la credibilità/autorevolezza, la capacità di motivare ed entusiasmare, la capacità di raggiungere gli obbiettivi, la positività degli atteggiamenti, il saper comunicare.

Dunque Icardi è (o era) un leader? Per quanto abbiamo potuto vedere e sapere persona in questi anni di militanza nerazzurra forse lo è stato in campo. La sua capacità di incidere sui risultati dell’Inter è innegabile: la gran parte dei gol nerazzurri degli ultimi anni porta la sua firma. Altri comportamenti in questa direzione fuori dal campo non sono noti, a meno che non si voglia far passare per tale il regalo dei Rolex a tutti i compagni di squadra di qualche mese.  E’ sufficiente per definirlo un leader? Pensiamo che nessuno si adombri se proponiamo una risposta negativa. Quando Wanda Nara dice che Mauro “all’Inter se vuole può cacciare o portare persone alzando solo un dito” non tratteggia un leader, casomai un capo, se ce ne fosse uno al di fuori della società. Concetti ben diversi tra loro, da un lato gioca il potere di incidere su certe decisioni che qualcuno gli ha dato (o gli ha permesso di prendere), dall’altra la statura morale e professionale.

Materazzi era un leader, Cambiasso e Stankovic erano laeder. Di fronte a loro forse neanche il Principe Milito poteva dirsi primo riferimento di quel gruppo meraviglioso, e si che di gol ne ha fatti quanti e più di Maurito e dal peso ben diverso. Corso e Facchetti erano i veri leader della grande Inter di Herrera e di certo non segnavano quanto Mazzola. Mattheus e Simeone erano i leader delle Inter dei loro tempi, o qualcuno può sostenere che lo fossero Serena e Vieri?

Si diventa leader perché si ha il coraggio di metterci la faccia sempre e comunque, la capacità di caricarsi la squadra sulle spalle quando le cose non vanno bene, la disponibilità a confrontarsi con tutti, anche con l’ultima delle riserve o con il primavera appena arrivato, l’assuefazione alle responsabilità. La soluzione potrebbe essere riassunta così: per essere leader non basta buttarla dentro a raffica così come per essere un grande bomber non c’è bisogno di essere un leader.

Se diamo per assodato che Icardi non aveva la statura del leader possiamo dire che la questione leadership è risolta con Perisic? Qual è il bagaglio di autorevolezza, di credibilità che il croato può mettere sul piatto per assumere questo ruolo? Quello di aver fatto fuori il potente di turno? Quello di aver espresso la sua protesta contro l’andazzo nascondendosi in partite inguardabili salvo poi tirar fuori dall’armadio il vestito dei mondiali russi appena il nemico è stato in difficoltà? Oppure quello di aver spinto ai quattro venti la sua voglia di cambiare aria perché le cose non andavano secondo i suoi desiderata? L’appoggio di qualche altro compagno di squadra, questo sembra di capire sia l’atout che Perisic può mettere sul tavolo.

L’Inter dei clan ha dato pessime prove di sé in un passato ormai lontano, non si sente proprio il bisogno di tornare alle guerre tra correnti. Il gruppo dell’asado argentino ha retto perché c’era un condottiero come Mourinho al di sopra di tutto e di tutti, perché le qualità personali di Samuel, Zanetti, Cambiasso e Milito erano almeno pari a quelle tecniche e perché sono arrivati successi a ripetizione.

Questa Inter, date le condizioni attuali, non ha bisogno di sedicenti leader. Si richiede solo gente disposta a sputare sangue e portare acqua con un contratto a tempo determinato, tre mesi non di più. Poi tana liberi tutti, qualche leader in fieri c’è già in casa (Skriniar), un altro ha già la valigia pronta per venire a risolvere il problema (Godin). E buona fortuna a tutti gli altri.

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