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Juve e Barca: l’Inter deve ancora inseguire, due fattori spiegano perchè

I social dicono che dobbiamo essere felici ed esultare per la sconfitta al Camp Nou di ieri sera perché è immeritata, perché abbiamo dominato il primo tempo, perché se Lautaro…, perché se l’arbitro… .

Tutto giusto intendiamoci, ma ha ragione Fabrizio Biasin quando dice che le sconfitte non vanno mai celebrate perché è segno di debolezza. Poi aggiunge che ci sono delle rare eccezioni e anche questo è vero, perché una squadra che mette sotto il Barca a casa sua come ha fatto l’Inter nei primi 45 minuti la si vede ogni morte di Papa, perché l’Inter torna dalla Spagna con un bagaglio di consapevolezza di potersela giocare con tutti inimmaginabile fino a poche ore fa.

E adesso?  Adesso dipende da quale lato vogliamo affrontare il futuro. Quello lontano ci sorride senza alcun dubbio. Andare ad impaurire i blaugrana nella loro tana con una schiera di giovanotti quasi tutti alle loro prime armi in campo internazionale offre garanzie mai avute prima. Barella ha 22 anni come Lautaro Sensi e Skriniar 24. Brozovic in confronto sembra un nonno ma ne ha solo 26.

Quello più ravvicinato parla invece di un altro test ad altissimo tasso di difficoltà. La Juventus arriverà domenica a San Siro per farci del male, come sportivamente è giusto che sia. Siamo avanti due punti ma i più forti sono loro, inutile girarci intorno. Per stare a questi livelli manca ancora qualcosa, non  lo abbiamo scoperto ieri, Juve e Barca hanno due fattori che ancora latitano all’Inter,  che spiegano quasi da soli perché  alla fine i nerazzurri sono usciti dal Camp Nou con un pugno di mosche in mano e perché corrono lo stesso rischio contro i bianconeri.

Innanzitutto una rosa troppo diversa da quella nerazzurra, per qualità e quantità. Quando è entrato Vidal gli equilibri si sono spostati immediatamente, con il cileno ad impastare gli attacchi del Barcellona con il suo talento e la sua garra, 113 presenze in nazionale, 66 in Champions League. Conte ha potuto rispondere con Gagliardini, punto. Dembelè, che ha rilevato un certo Griezmann ha solo 22 anni ma ha anche altrettante presenze nella nazionale francese ed un mondiale alle spalle. Il roster della Juventus sembra addirittura più lungo e completo di quello del Barcellona ed è tutto dire.

Il secondo fattore è qualcosa di diverso ma forse ancor più importante. E’ quel quid che fa la differenza tra un ottimo giocatore, come ce ne sono diversi in maglia nerazzurra,  ed un fuoriclasse, categoria invece assente. Suarez alla fine ha vinto da solo la partita perché ha tirato fuori dal cilindro la magia del primo gol senza il quale il Barca magari stava ancora a correre senza averla buttata dentro. Di Messi non parliamo neanche, i catalani ormai si reggono quasi solo su di lui. E’sempre un piacere per gli occhi di chi ama il calcio vederlo giocare non c’è dubbio, ma se fosse rimasto in infermeria come sembrava fino a poche ore prima del fischio d’inizio l’Inter probabilmente oggi sarebbe alla pari con il Borussia Dortmund in testa al girone di Champions. Domenica sera non ci sarà Messi ma il suo dirimpettaio nella corsa al più grande di sempre.

Un gap di numeri e di talento di cui tutti, ad iniziare dai tifosi,  devono essere consapevoli. Ma anche con la convinzione che questo status di “minus” è l’ultimo frutto avvelenato del periodo di austerità imposto  dal FFP da cui l’Inter è uscita nella scorsa primavera. La partita di ieri ha dimostrato che il mercato estivo è servito a mettere le fondamenta di una squadra che possa legittimamente pensare di tornare a dettare legge in Italia e fuori. Servirà solo tempo, poco ci auguriamo,  per finire il lavoro.

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