Caressa, l’ultimo fuoriclasse per una truppa allo sbando

di Mario Spolverini, pubblicato il: 17/04/2019

JUVENTUS CARESSA – Quando al rientro dagli spogliatoi si è visto che Allegri aveva sostituito Dybala con Kean, qualcuno tra gli osservatori più attenti di provata fede bianconera avrà avuto un moto di indignazione.Un 19enne con qualche ora di serie A alle spalle buttato là ad inseguire la palla della vita. E per di più in uno scontro decisivo tra una ciurma di scavezzacolli irrispettosi del blasone sabaudo e i gli unti del Signore, signorotti più o meno attempati, convinti che la magnificenza dei loro conti in banca, le loro grisaglie firmate e i brillocchi alle dita potessero incantare una scanzonatezza così sfrontata ed esuberante.

La carta vincente di ieri sera non sarebbe stato il giovanotto che secondo alcuni vale già più della Mole Antonelliana bensì lo sconosciuto di turno agli occhi di Erik Ten Hag: Fabio Caressa.
Era dalle 21,00 precise che la punta di diamante del club di Sky reclamava cartellini gialli e falli più o meno importanti ai danni degli olandesi. Come e meglio di Bonucci. E mordeva i polpacci dell’arbitro ben più ferocemente di quanto non avesse mai fatto Chiellini in vita sua. E’ riuscito perfino ad anticipare l’esito dei tre Var, exploit mai riuscito in territorio nazionale. Segno evidente che lui era il vero uomo della Champions League, altro che Cr7. La garra charrua di Lele Adani in occasione di Inter Tottenham era roba da torneo aziendale in confronto.

Juventus: Caressa, il rigore in Italia

Fino all’apoteosi, al 90mo, quando ormai era chiaro che il dado della sconfitta era tratto. In quel momento è emersa tutta la grandezza del leader che capisce quanto sia feroce la mazzata e con eleganza e premura degne del miglior Boniperti d’annata, ha coperto con un velo pietoso, con gesto quasi materno, quel che rimaneva dell’armata invincibile.

In Italia l’avrebbero dato questo rigore” è stato il suo ultimo, inutile sforzo. Sacrificio estremo per tributare l’onore delle armi alle truppe ormai allo sbando. Come solo un vero leader, un vero fuoriclasse sa fare. Rendersi cioè interprete dei sentimenti più profondi dei suoi compagni e far capire che solo un destino cinico e baro li separava ancora una volta dall’oggetto del desiderio.

Il problema inizia qui

Parole che se proferite nei fumosi bar delle periferie italiane vengono additate come il fondamento del complottismo. Se invece sono pronunciate, magari improvvidamente, da uno dei massimi protagonisti del giornalismo sportivo assurgono nei fatti ad atto di accusa di tutto il sistema calcistico italiano.

Le pagelle dei maggiori quotidiani sportivi oggi naturalmente avrebbero messo un bel 9 al subentrante Caressa. La sua prova è stata strepitosa, ben al di là di quella di di Ronaldo o Szcz?sny. Adesso si attendono gli editoriali dei massimi profeti juventini per capire se anche loro concordano con il giudizio.
Ma quando il sonno della ragione cesserà di generare i mostri del vittimismo, magari qualcuno si renderà conto che proprio in quelle parole di Fabio Caressa si nasconde la ragione più profonda dell’ennesimo fallimento bianconero.


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